Chiamata entrante: All The President’s Men [Alan J. Pakula]

Quando si parla di cinema, io non manco mai. E pure se il cinema capita ad orari scomodissimi, in sovrapposizione con altre lezioni, in aule mille miglia distanti da quelle abitualmente frequentate da me, non importa: io non mi tiro indietro.
Ho scritto di orari, lezioni ed aule perché, come avrete potuto capire, sono riuscita a trovare uno spazietto dedicato al cinema anche all’università. Non che sia stata proprio io a trovarlo; piuttosto si è presentato ai miei occhi grazie a diverse locandine affisse in bacheca ed avvisi scritti a caratteri cubitali sulla lavagna poco prima dell’inizio di una lezione. Però è pur vero che mi sono mostrata sufficientemente interessata da cogliere il messaggio e registrarlo in testa come “informazione da tenere a mente e da ragionare”.

Ma in realtà non c’è stato molto da meditare. La mattina stessa del Cineforum (questo il nome dell’iniziativa), mi son risolta a trattenermi in facoltà, dopo aver seguito quattro ore di lezione (di cui le prime due, di linguistica generale, massacranti) per assistere alla proiezione del film Tutti Gli Uomini Del Presidente.
Basato su eventi realmente e storicamente accaduti, la pellicola di Alan J. Pakula racconta della prima inchiesta giornalistica che porta alle dimissioni di un capo di Stato: nello specifico, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, invischiato in un complotto da milioni di dollari.
La cavillosa indagine condotta da due giornalisti, così come pure gli approfonditi interrogatori ai membri del Partito e del Comitato, viene descritta interamente e fin nei minimi particolari, in ogni sua fase, ogni suo risvolto. Nulla viene tralasciato o trascurato, ma tutto al contrario presentato con una precisione estrema ed una “piattezza” senza pari. Che sia un film piatto, infatti, è opinione comune. La musica, sebbene compaia con il suo compositore nei titoli di testa, è pressoché inesistente, cosa che contribuisce ad appesantire l’atmosfera del film. I colpi di scena non ci sono o, se nel caso ce ne dovesse essere qualcuno, non si verificano mai all’improvviso (di colpo, appunto), ma le rivelazioni avvengono pian piano, sono frutto di lunghi lavori e non appaiono come scoperte cadute dal cielo. Inoltre, queste vengono solo raramente enfatizzate dai toni solitamente tipici dei momenti di suspense, proseguendo invece sulla stessa linea di piattezza e staticità sui cui si attesta l’intero film.
Ciononostante, lo spettatore verrà comunque coinvolto. Grazie sicuramente ai due giornalisti protagonisti, Hoffman e Redford, eccelsi nella loro interpretazione e nella direzione che ne esegue Pakula. Infine anche l’assenza di musiche, alla quale accennavo poco fa, potrebbe costituire un fattore che, per tutta la durata del film, tenta di mantenere alta l’attenzione, giocando appunto sulla non-prevedibilità (immaginate una scena notturna, all’esterno e con la pioggia, accompagnata da toni musicali che comunicano tensione ed angoscia: è chiaro che di lì a poco spunterà qualcosa/qualcuno da qualche parte).
Insomma, Tutti Gli Uomini Del Presidente non è certo quella che si dice una pellicola scorrevole, ma è in ogni caso da vedere.

Appena saputo dell’iniziativa alla quale avevo partecipato, qualcuno mi ha detto: <<Ma con quale fantasia ti fermi a vedere un film di due ore e passa (“passa” qui con l’accezione, tipicamente romana immagino, di “oltre”) dopo una giornata universitaria? Per di più non ti guarderai un film qualunque, ma quel film!!!>>
Io ho risposto ripetendo le stesse parole di inizio post: se il cinema chiama, non posso non rispondere.

20 risposte a “Chiamata entrante: All The President’s Men [Alan J. Pakula]”

  1. Mentre leggevo “piatto” e “musica assente” mi hanno fatto pensare “credevo fosse un bel film”. Poi sono rimasta sorpesa dal contrario. Lo vedrò. Ma, aspetta, è il film dove Robert Redford esce dal suo ufficio da solo per rientrarvi e vedere tutti i colleghi morti? Lo so che mi confondo con un altro…

    1. Mmmm no, mi sa che ti confondi 😛
      Come ho scritto, non troverai nessuna scena che ti farà stare con il fiato sospeso o ti darà da pensare per qualche morte sospetta.
      Quando Redford esce dall’ufficio, lo fa per entrare in macchina, bussare alla porta di qualche indiziato, interrogarlo, prendere appunti e poi tornare in ufficio per fare delle telefonate. Grande suspence 🙂

      1. Infatti, mi sembrava 😛 Sarà che il titolo mi ha sviata per anni fino alla fine; non so perché ma nonostante la stiticità del tutto lo semti molto dinamico. Sarà l’idea del team “tutti gli uomini di * “

        1. Ahahaha l’esperienza cinematografica, come non mi stancherò mai di ripetere, e estremamente personale. Quindi ad ognuno di noi il film potrà fare un diverso effetto 🙂
          Se hai già questa impressione ancor prima di vederlo, penso allora che potrebbe piacerti. Anche perché tecnicamente non si può dirgli nulla.

          1. Non sarebbe stato un gran film riconosciuto altrimenti 😉
            Comunque è vero, ogni impressione è a se. Parlando de “Il Discorso del Re” ho conosciuto qualcuno che si è rifiutato di andare avanti nel vederlo per la scena iniziale e la pena che provano nei confronti di Bertie, io invece la voglio vedere; senza non c’è il film.

  2. Uhm, non l’ho mai visto, lo cercherò!
    Comunque anche qui diciamo “e passa”, non so se sia una cosa romana o nazionale, ma mi hai fatto venire un dubbio. Cercherò 😀
    Con la linguistica? Ti sembra sempre tosta? 🙂

    1. E’ un po’ lento il film, però magari potrebbe piacerti.

      In quanto a “passa”…diventerà presto oggetto di studio dei linguisti! E la materia, beh, continua ad essere molto dura a mio parere, siamo arrivati a dei concetti assurdi: linguaggi analogici vs linguaggi digitali, asse paradigmatico vs asse sintagmatico… 😯
      Il fatto è che volendo riesco anche a capirli, ma non so poi trovare una connessione tra tutti loro!

        1. Dici? Mmmm vabbè, studio tutta questa roba come dei concetti isolati e poi staremo a vedere. Già molti altri mi hanno assicurato che solo in seguito arriverà la parte più interessante.
          Però la materia è interessante sin da ora, devo dire. Ed in effetti non vedo l’ora di entrare nel pieno dei “livelli dell’analisi linguistica”! Con linguistica italiana siamo già più avanti, per esempio, e mi piace tantissimo. È ovvio però che non parliamo di tutti questi principi come facciamo a linguistica generale. Ci focalizziamo solo sul l’italiano. 🙂

          1. Sì, quella italiana è più “sociolinguistica”, nel senso che studi i vari fenomeni linguistici dell’italiano basati sulla società. A me piace un po’ meno, però è comunque interessante.

          2. Ci mancherebbe! E’ bella!
            Comunque sai qual è la pecca di tutto ciò? Che spesso i professori fanno approfondimenti (che poi non sono approfondimenti ma la base di un intero corso) sulla lingua della tua regione, facendo pochi confronti con le altre. Io ad esempio sono una grande esperta del siciliano, ma mi sarebbe piaciuto tanto fare più confronti col napoletano, il veneto, il romanesco, ecc. Li abbiamo fatti, ma avrei preferito che fossero di più. Per questo i miei due migliori amici campani e il mio ragazzo sono diventati delle cavie.

          3. Ho capito cosa intendi, ma per fortuna il nostro prof, pur facendo riferimenti al romanesco che è stato oggetto di suoi specifici studi, porta esempi o comunque ragiona sugli italiani di tutte le regioni.
            Ecco, allora mi sei capitata bene come cavia sul siciliano (che peraltro, vabbè, lo sai cosa stavo per dire..)! Più in la magari ti sottoporrò a qualche esperimento 😉

  3. Ahahahahaha sei entrata benissimo nella materia. Il primo principio di un linguista è: se ti capita intorno qualcuno di un’altra città/regione/nazione/ecc, prendilo come cavia!!!

  4. Incredibile sì, la prima volta che l’ho sentito non ci ho creduto. 🙁 Eppure sono proprio queste scene clou seppur anche scomode che fanno il film. È incredibile quanto la sofferenza altrui accechi gli altri fino a questo punto – assurdo. 😕

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