Nessun nome: omaggio all’immortal Genio di Pirandello

Scritto il 13 marzo 2012

Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro trèmulo di foglie nuove. Sono quest’albero. Al­bero, nuvola; domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo.
[…]La città è lontana. Me ne giunge, a volte, nella calma del vespro, il suono delle campane. Ma ora quelle cam­pane le odo non piú dentro di me, ma fuori, per sé sona­re, che forse ne fremono di gioja nella loro cavità ron­zante, in un bel cielo azzurro pieno di sole caldo tra lo stridío delle rondini o nel vento nuvoloso, pesanti e cosí alte sui campanili aerei. Pensa alla morte, pregare. C’è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane. Io non l’ho piú questo bisogno, perché muojo ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non piú in me, ma in ogni cosa fuori.

Questo è un passo tratto dalle ultime pagine di uno dei romanzi che più ho apprezzato di Luigi Pirandello, autore che adoro: Uno, Nessuno e Centomila.
Fulcro dell’opera è la conquista della consapevolezza di essere visti dagli altri in un modo diverso da quello in cui ognuno “osserva” stesso. Consapevolezza che scaturisce da un episodio piuttosto futile, vale a dire dal momento in cui la moglie del protagonista fa lui notare di avere un difetto al naso, quasi impercettibile, ma pur sempre un difetto.
Ora, al di là dell’interesse che Pirandello dimostra nei confronti delle “deformazioni fisiche” (vedasi anche “L’uomo dal fiore in bocca”), il piccolo appunto della moglie genera nell’eroe pirandelliano una serie di riflessioni che lo portano alla conclusione di non essere più uno, come invece credeva, ma centomila persone diverse per gli altri che lo “vedono vivere” e nessuno per sè stesso.
Ma ciò su cui volevo soffermarmi in questo post è ben altro. O meglio, non proprio altro, giacchè tale ragionamento si collega al concetto della pluralità dell’identità, relativa e sfaccettata come d’altronde è la realtà nella quale si muove.
Il professore, qualche giorno fa, ha azzardato (ma con grandissima cognizione di causa) l’ipotesi che il titolo voluto da Pirandello fosse incompleto. E la motivazione è rintracciabile proprio nell’estratto qui riportato. Manca infatti la dicitura “nulla”.
L’identità del protagonista (diamogli un nome, và: Vitangelo Moscarda) non solo si sfalda in diverse altre identità, non solo mette in dubbio sè stessa, ma addirittura arriva a fondersi con l’aria, con il vento. Con il nulla.
E questo è l’unico modo, secondo Pirandello, di percepire l’autenticità della vita che “scorre” al di fuori delle “trappole” sociali, in cui ognuno di noi è imprigionato, volutamente o meno. Si verrà pur definiti pazzi, folli, matti, si sentiranno anche fischiare treni, si verrà persino spediti dentro ospizi e relegati ai margini della società. Ma almeno si è “vivi”, coscienti della crudeltà e dell’ipocrisia di quel meccanismo sociale che rende tutti gli individui rotelle che girano nello stesso verso, che cristallizza l’uomo all’interno di ruoli stereotipati ed etichetta come “anomali” tutti gli atteggiamenti anticonvenzionali o al di fuori del quotidiano.
Almeno – come ama dire questo geniaccio che purtroppo è nato un secolo fa – si è capito il “giuoco”. Si sono comprese le regole e si ha quindi il diritto di infrangerle.

15 risposte a “Nessun nome: omaggio all’immortal Genio di Pirandello”

  1. Ho comprato qualche opera teatrale in Dvd di Pirandello e rimane un uomo modernissimo nonostante sia nato un secolo addietro. “Il giuoco delle parti”, “Sei personaggi in erca d’autore” e “Enrico IV” e “Così è se vi pare”. Ho visto anche “Liolà”: me li aspettavo tutti in maniera diversa ma nessuno mi ha deluso 😉 Grande! 😀

    1. “Sei personaggi in cerca d’autore” ed “Enrico IV” li ho letti: il primo mi è piaciuto molto di più del secondo, ma ciò non toglie che ogni sua opera sia davvero incredibile, di un’attualità pazzesca e di un affascinante… *.*

      1. Perché è quello che sconvolge delle se opere l’attualità con la quale sorpassa i tempi! 😀 Ed è vero è affascinantissimo. *.* Posso capire che Enrico IV ti sia piaciuto di meno; soprattutto il finale è pesantissimo…

        1. È stato infatti assai innovativo per la sua epoca, e mi permetterei di dire che ha veramente colto il vizio capitale della società moderna: la cultura dell’apparire che mortifica l’animo e l’individualità dell’essere umano. E questi non capisce davvero più chi è o chi non è! Mitico Pirandello 🙂

          1. E anche la troppa voglia d’immaturità dei nostri tempi: avrebbe potuto dire che aveva ricordato e affrontare la dura realtà fino alla fine, piuttosto che arrivare perfino a negare la morte della sorella e compiere un crimine pur di continuare a vivere nel suo mondo. Triste ma purtroppo verissimo 🙁 Grande Pirandello, davvero! 😀

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