Incontri e scontri ravvicinati con il tipo “passeggero di autobus”.

Lo stesso giorno in cui camminavo per raggiungere la redazione ed ho sentito il cellulare squillare dalla borsa… Avete presente, no? Ecco, quello stesso giorno dovevo tornare a casa con i mezzi pubblici, in particolare sui tanto amati e cari autobus (che, se potessi, eviterei in quanto sono secondo me i peggiori nella loro categoria. Seguono i treni che, tra ritardi e soppressione di corse, rischiano di farti andar storta la giornata. La metro si salva, visto che è quella che rimane più immune a sconvolgimenti di vario genere. Ecco, ho parlato… scommettiamo che domani mi ritrovo bloccata sotto terra?), e ne ho vissute delle belle.

Il tutto ha inizio con l’autobus che mi passa davanti mentre cerco di raggiungere a piedi la fermata, evidentemente troppo lentamente. Eh vabbè, ne passerà un altro, mi dico.
Al capolinea, infatti, è fermo un autobus (non la stessa linea di quello che mi era appena sfuggito) che potrebbe tornarmi utile nonostante il tragitto un po’ lungo che percorre. Però ho le gambe stanche, la schiena a pezzi ed una borsa piena di libri che mi porto dietro dalla mattina: ho voglia di sedermi. Così mi accomodo sull’autobus e mi metto a scrivere, in attesa che il conducente, al momento impegnato in una conversazione con i suoi colleghi, salga e parta. Non mi insospettisco del fatto di essere l’unica passeggera della vettura e la sola persona in giro per quel capolinea: gli autobus sono infatti tutti vuoti. Vabbè, sarà che il capolinea è un po’ fuori mano, penso. Insomma, aspetto venti minuti buoni prima che l’autista si decida a montare sull’autobus, non senza lamentarsi a voce più che alta e con modi più che villani del ritardo che porta: “Azz, dovevo partì a ’31 e mo’ so’ ’39…” 
Si sistema nella sua postazione, brontola qualche altra parola e poi si gira verso il retro del bus, dunque verso di me: “Mi scusi ma non si può salire qui”.
Ah.
“Ma non è il capolinea?”, domando incredula.
“Sì, ma non si può salire”, risponde secco, senza avere l’aria di voler fornire ulteriori informazioni.
Ariah.
Interdetta, scendo senza chiedere altro e ragiono sul fatto che in effetti non girava anima viva in quel posto. Che strano, è un capolinea…, borbotto tra me e me, mentre intanto mi dirigo verso la fermata successiva. Ovviamente l’autobus dal quale ero stata costretta a scendere mi passa davanti sprezzante e raggiunge la fermata prima di me, trovando il semaforo verde e procedendo ad una velocità più elevata della mia.
Lo maledico in mille modi, ma non impiego molto a rimettermi l’anima in pace. Trascorrono infatti pochi minuti che un altro bus, di un’altra linea ancora (la fortuna è che in quella zona ci sono diversi mezzi utili per portarmi a casa), apre le porte davanti alla palina d’attesa.
Salgo e noto un posto libero vicino al finestrino ed accanto ad una signora che non sembrerebbe avere tanta voglia di lasciarmi passare. Mi avvicino e le chiedo gentilmente permesso. La donna non si alza, no. Si scosta leggermente dal sedile ruotando le gambe di 45 gradi ed aprendo uno strettissimo varco per passare. Con la borsa a tracolla, pesante ed ingombrante, mi trovo un po’ in difficoltà ad effettuare quella manovra, tanto che urto contro delle persone sedute nella fila davanti e rischio quasi di cadere a causa del rinculo dell’autobus appena ripartito. Ma, diamine, non poteva scalare di un posto, accostarsi al finestrino e lasciarmi libero il posto più esterno ove era prima accomodata? Non lo fa mai nessuno, maledizione! Eppure sull’aereo il posto più ambito è quello lato finestrino, non lato corridoio!
Finalmente seduta, mi rimetto a scrivere e a pensare ad altro. La gente scende, sale, si siede o si alza. Non faccio caso a niente, tranne al momento in cui la mia vicina di posto lo lascia libero per scendere. Aaaah! Mi sento meno soffocata, posso allargarmi e mettermi più comoda, rilassando le membra e sciogliendo il collo, teso per la stanchezza accumulata durante tutta la giornata. Approfittando del fatto che l’autobus si è quasi completamente svuotato, porto per un attimo la testa all’indietro… Non l’avessi mai fatto! Appena compiuto quel gesto avverto qualcosa massaggiarmi i capelli, qualcosa entrarmi tra i capelli e… orrore! Mi volto istantaneamente e fulmino la signora seduta nella fila dietro di me: questa tiene in mano una busta ripiena di insalata, i cui ciuffi escono fuori dai bordi e urtano la mia chioma (sì, beh, nel senso che avevo i capelli abbastanza gonfi quella sera) di proposit… ehm, forse inavvertitamente, non lo so, non riesco a capire cosa passa per la testa a quella tipa. Sembra con le rotelle apposto, si scusa, ma giuro di aver avvertito chiaramente qualcosa strusciare ripetutamente contro i capelli. Fortuna che scende alla fermata successiva e fortuna che l’ultima parte del tragitto me la faccio da sola con il conducente, visto che la mia fermata coincide con il fine corsa.

Mi aspetta un altro quarto d’ora di passeggiata prima di mettere piede dentro casa, ma quantomeno non devo più viaggiare su uno di quei mezzi infernali. Non posso fare a meno di pensare a quanta gente strana si incontri in giro… Non mi era mai capitato di entrare in simbiosi con un’insalata sul sedile di un autobus!

0 risposte a “Incontri e scontri ravvicinati con il tipo “passeggero di autobus”.”

      1. Volevo dirlo.. ma poi ho pensato all’insalata.. e non ce l’ho fatta ahahah.. però immagino la paura! 🙁

  1. Mannaggia che simpatica che sei, mi hai fatto ridere tutto il tempo che ti ho letto.

    Però, ammettiamolo, sei un po’ sfortunata con le insalate. 🙂

  2. Certe volte penso quanti disagi abbiate voi in una città così grande viaggiando sui mezzi pubblici. Io non prendo mai l’autobus perché cammino volentieri ma arrivo in centro in dieci minuti. Sono decisamente fortunata.

    L’episodio descritto è divertente ma capisco bene che per te, che ne sei stata protagonista, non lo sia stato affatto.

    Ciao, cara. Buon we.

    1. Cammino volentieri anche io, ma ovviamente qui le distanza da coprire sono ben altre. Dunque mi trovo costretta ad utilizzare i mezzi.
      Penso che comunque, anche se mi spostassi in macchina, non scamperei a certe situazioni e non starei certo più rilassata: anche in mezzo al traffico se ne vedono delle belle!

      Buon weekend a te, un abbraccio.

  3. Pensavo… vuoi scrivere qualcosa per Scriveregiocando Natale_2013?

    Vai nel mio blog a leggere l’articolo se non sai di cosa si tratta e nel caso fammi sapere qualcosa. 🙂

  4. Sei andata a vedere di cosa si tratta? O lo conoscevi già?

    Comunque, se vuoi scrivere qualcosa pensaci e poi mandamela via e-mail anche con una foto o immagine se pensi che ci stia bene a corredo. Sappi però che le foto devono essere libere da copyright, e nel caso ci penso io a metterne una delle mie se l’argomento lo richiedesse. Questo perché nel magazine un’immagine ci sta bene.

    Tieni conto che c’è ancora un mesetto di tempo, quando sei pronta, mandamelo che poi ci penso io a mandarlo a Morena Fanti, così lei lo inserisce nel sito di scriveregiocando.

    Ciao, grazie e buon lavoro. 🙂

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