The Wolf of Wall Street [M. Scorsese] – Parte II

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E’ dunque un personaggio complesso quello impersonato da un maturo Leonardo Di Caprio. Complesso e perverso allo stesso
tempo. Una perversità nuda e cruda che sia Di Caprio che sopratutto Scorsese raffigurano senza filtro alcuno. Molte delle scene di rapporti sessuali sono rappresentate in maniera assai esplicita, diretta, quasi fastidiosa. Tanti hanno affermato (ed io sono d’accordo con loro) che Scorsese ci regala della volgarità gratuita e che alcune di queste sequenze siano esasperate, per non dire inutili. La macchina da presa che ha la facoltà di mostrare o celare opta sempre per la prima alternativa. Non nasconde, ma fa vedere. Frontalmente, lateralmente e persino con panoramiche, in modo da mettere a parte lo spettatore della totalità di quanto sta accadendo, non semplicemente isolando porzioni di realtà.
Il montaggio, vivace, dinamico, mai statico anche nelle sequenze dialogiche, insieme ad altri espedienti filmici, quali la presenza di una voce fuori campo che narra la storia e la commenta in modo salace, la cosiddetta “rottura della quarta parete” con l’interruzione della scena affinché il protagonista si rivolga direttamente al pubblico o, ancora, la colonna sonora prorompente, rendono le tre ore di durata assolutamente godibili e non affatto pesanti. Nonostante, poi, le numerose sequenze di dialoghi e monologhi che popolano la pellicola, i quali vertono spesso su argomenti deliranti (come sono deliranti i partecipanti alla conversazione), ma che sanno risultare forti e crudi allo stesso tempo.
Insomma, la regia di Scorsese si mostra sempre di ottimo livello e qualcuno si domanda se questa sarà la volta buona per la tanto attesa statuetta al miglior film. Quello che non convince (o che almeno a me non ha convinto) è la scelta di dipingere con quelle tonalità l’universo (spietato sì, ma davvero così squallido?) di Wall Street. Insomma, altri lo hanno ritratto con una diversa pennellata. Mi viene in mente proprio Wall Street di Oliver Stone con un giovane Michael Douglas ugualmente nel ruolo di un agente di borsa. Certo, gli intenti dei due cineasti sono diversi: Stone sferra un’aspra critica al capitalismo, mentre Scorsese pare voler denunciare la perversità di quel mondo dominato dal Dio denaro. Ma siamo sicuri che così facendo lo critichi sul serio? È vero che la fine del protagonista è quella di essere inghiottito dagli stessi eccessi che fino a poco tempo prima rincorreva, è vero che non trionfa come un eroe: lasciato dalla seconda moglie ed arrestato dall’FBI, finirà col tradire quel mondo che adorava e, confessando i crimini di cui lui ed il suo branco sono colpevoli, lo abbandonerà, dedicandosi ad insegnare come “vendere penne” in corsi motivazionali. Tuttavia il mio interrogativo rimane lo stesso: qual è l’atteggiamento di Scorsese nei confronti di tale dissipata vita? L’insistenza nel riprendere e mostrare certe scene, l’ossessione che ostentano i protagonisti e l’interminabile serie di orge che il regista porta sullo schermo per le tre ore di film servono davvero per fare della critica? O sono solo pretesti per inscenare qualcosa che va oltre il limite, come fosse una sfida lanciata allo spettatore per dimostrare quanto può resistere? Sembra quasi che se ne compiaccia. Altrimenti non mi spiego il bisogno di far vedere così tanto e così tanto a lungo. Il film poteva benissimo terminare prima di quella che è la sua effettiva conclusione (conclusione che peraltro ho molto apprezzato, ma che non vi svelo), ma invece prosegue nella sua esplosione di oscenità e sfrenatezze, trascinandosi quasi, senza apportare chissà quale altro valore aggiunto a quanto già raccontato.
Insomma, per concludere, qual è il mio giudizio complessivo? Dunque, certamente non posso negare che si tratti di un film che passa inosservato. Lo osservi eccome, catturato da quel caleidoscopio di immagini che diventano mano a mano sempre più deliranti, ma che ti incuriosiscono al punto di farti domandare se e quanto il regista si spingerà oltre. È un film che ti rimane dentro, che riemerge con i suoi fotogrammi nelle acque delle mente, che sicuramente farai fatica a dimenticare. Lavoro di tutto rispetto per Scorsese, ma mi dispiace: per me la statuetta non c’è.

4 risposte a “The Wolf of Wall Street [M. Scorsese] – Parte II”

  1. Personalmente credo che l’obiettivo di Scorsese fosse solo di dire la verità nuda e cruda, proprio per tre ore, per far capire quanto lunga e senza fine sia stata l’esperienza del protagonista. Per il resto dovrei vederlo. Ma da quello che ho capito non è un film facile da digerire 😕

    1. Sì, concordo, verità nuda e cruda, ma forse fin troppo… Non sempre occorre far vedere per far conoscere. La bravura di un regista sta, secondo me, nel riuscire a comunicare quanto desidera senza necessariamente “dirlo ad alta voce”, non so se mi spiego.. Comunque non è affatto un film da prendere sotto gamba: come dici anche tu, se lo ingoi per tre ore lo digerisci la settimana dopo.

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