La vita che si muove lungo i binari ferroviari una domenica mattina in cui la città è assopita.

Uscire la domenica mattina presto è particolarissimo.
Al di là della temperatura frizzantina che punzecchia le ossa, c’è proprio un senso di torpore avvertibile nell’aria, tra le case, per le strade, davanti alle vetrine dei negozi ancora spente e le saracinesche delle botteghe ancora chiuse.
Da lontano risuona il rombo dei motori nelle arterie stradali già trafficate, mentre dai bar già in attività le tazzine di caffè si scontrano sonoramente con i cucchiaini.
In giro c’è pochissima gente, giusto qualche signore con il cane e qualche ragazza dal passo veloce. Mi sorprendo invece arrivata in stazione, dove diverse persone attendono il passaggio del treno sedute o in piedi sulla banchina, mentre leggono, chiacchierano, guardano nel vuoto o fissano lo schermo del cellulare.
Anche il treno che compare sul binario è abbastanza pieno, non ha posti a sedere disponibili e dalle finestre si notano passeggeri in piedi distribuiti lungo il vagone.
La quiete tra le vie della città addormentata non sembra trovarsi nella metropolitana, luogo di vagabondaggio dei primi mendicanti della domenica.
In particolare, una donna di 52 anni (mi chiederete come faccio a saperlo…) sale sul treno e, dopo un discorso accorato della durata di 15 minuti buoni, si avvicina a tutti i passeggeri, chiedendo loro “aiuto con una monetina, anche 20 centesimi, per non mangiare solo pane ed insalata” e lo fa appellandosi “al giorno del Signore, onoriamolo!” La tizia, palesemente fuori testa, si presenta come Monica, donna di 52 anni, e dice di aver perso il lavoro quattro anni fa, a seguito del fallimento dell’azienda in cui lavorava e senza alcun preavviso, oltreché senza sussidi o assegni di disoccupazione. Pare che abbia stampato 50 copie del suo curriculum, spedito poi in diverse aziende e cooperative sociali, disposta ad accettare qualsiasi tipo di mansione e di retribuzione, ma, purtroppo per lei, nessun datore di lavoro si è risolto ad assumerla, per via della sua età troppo avanzata, nonostante – come lei insisteva – il curriculum pieno di referenze ed esperienza professionale. La ragione di tutto ciò? Secondo la tipa i datori di lavoro assumono ormai solo giovani tra i 25 e i 35 anni, i quali vengono inseriti nell’azienda con contratti a progetto, tipologia di accordo che permette ai datori di concludere in ogni momento il rapporto lavorativo. La sua litania continua, peraltro in un accento spiccatamente romano, con il resoconto di tutti gli oggetti della mamma che è stata costretta a vendere per sopperire alla pochezza economica: porcellane, vasi di cristallo, posacenere di cristallo, suppellettili smaltati. E i soldi del padre – lo dicd ben due volte – sono usciti come l’acqua da casa sua. Solo spese e niente entrate, questa la conclusione, che sarebbe stata pure tollerabile, seppur scocciante, se fosse finita lì. Invece no. La tizia continua a fare più volte avanti e indietro nel vagone, avvicinandosi sempre di più ai passeggeri, chiedendo con insistenza una moneta, anche 20 centesimi, per farla mangiare. E non fa il giro solo una volta, lo ripete per quattro/cinque fermate, finché la gente esasperata, impietosita o impaurita (io personalmente me la voglio togliere di torno, più per timore di qualche gesto folle, considerato il tipo di soggetto psico labile, che per fastidio) non le lascia qualcosa tra le mani e la tiene buona per un po’. Ad un certo punto Monica sembra non voler più scendere, torna a elemosinare dalle stesse persone che già le hanno dato i loro spicci e che rispondono infastidite, la scansano, si allontanano. Infine a Termini si decide ad abbandonare il vagone e si perde tra la folla dei pendolari in procinto di salire.
Insomma, io che pensavo di farmi una volta per tutte un viaggio metropolitano tranquillo, come l’atmosfera sospesa della città mi faceva sperare… Mi ritrovo in mezzo alla solita realtà pendolare infrasettimanale, che nel weekend sembra pure sfoderare i suoi lati migliori.

6 risposte a “La vita che si muove lungo i binari ferroviari una domenica mattina in cui la città è assopita.”

  1. Però è una storia tristissima quella di Monica, evidentemente per arrivare a quel punto dev’essere proprio disperata. È la realtà di oggi.
    Io ancora non mi sono messa a cercarmi un lavoro, ma a breve dovrò sentirmi rispondere tanti no. Immagino invece come deve essere quando un lavoro ce l’hai, ti senti tranquilla, e improvvisamente lo perdi.

    1. Sì, sicuramente è una storia che fa riflettere, peró boh, credo che potrebbero esserci altre cento soluzioni prima di decidere di chiedere l’elemosina in metro. Magari le ha provate tutte, eh, e poi è chiaro che ogni persona reagisce a modo suo di fronte ad un problema simile. Penso anche al sostegno della famiglia, che probabilmente a lei è mancato. In ogni caso non sono stata subito mossa da pietà a sentire il suo racconto, piuttosto non sapevo cosa pensare e non mi sentivo a mio agio.

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