In ed Es.

In ed Es.

Rimarrei su questa panchina per ore.
Il corpo rilassato, il collo appoggiato sul legno, gli occhi socchiusi e le membra abbandonate.

In ed Es.

Il sole accarezza la pelle, la scalda, la coccola con i suo raggi. Il tepore asciuga le goccioline di sudore sotto ai vestiti, piccoli brividi corrono in salita lungo il torace, il petto e il seno.

In ed Es.

Silenzio. Un silenzio sacrale, liturgico. Anzi, un silenzio ancora più silenzioso, visto che ogni celebrazione religiosa è sospesa in questi giorni.
Verrebbe da definirlo un silenzio innaturale, ma, vedi, qui sta l’ironia. Come se la natura del mondo fosse quella di emettere per forza rumore e, quando ciò non accade, ecco che appare tutto innaturale.
Eppure la natura è anche questo, la quiete, la calma, l’assenza di suoni in un paesaggio che è in pace con sé stesso e non ha bisogno di farsi sentire. Diodato impazzirebbe.

In ed Es.

Non si odono voci. Niente passi, né in arrivo né in lontananza. E’ difficile persino percepire l’affannoso respiro di chi, come me, è uscito nel parco per allenarsi, correre o fare footing.
Apro gli occhi.
Sento, come se gli occhi fossero diventati orecchie o come se queste ultime si attivassero in combinazione alla vista, il flebile sussurro del vento che si sta alzando. Soffia attraverso gli alberi e gli arbusti ancora privi di germogli, passa tra qualche cespuglio, separa i fili d’erba abbracciati tra loro.

In ed Es.

Controllo il respiro.
Inspiro ed espiro. Inspiro ed espiro.
Sono rimasta sola nel parco, sola e sdraiata su quella panca che fino a qualche minuto prima era contesa tra i vari avventori.

Tutti dicono che interrompere drasticamente il battito di una città abbia i suoi benefici.
Penso che mai cosa così scontata sia così maledettamente vera.
Le pause sono momenti che mi hanno sempre affascinato molto. Mentre ogni cosa è ferma, l’uomo si concilia con i propri spazi vitali e i propri ritmi, interiori ed esteriori che siano. Sembra quasi che la natura abbia avvertito tutto questo e abbia deciso di adeguarsi, per consentire una migliore accettazione della quiete imposta.

In ed Es.

Questa mattina attorno a me c’erano tante persone, singoli individui in cerca dei propri spazi, uomini e donne solitarie calati nella loro segretissima dimensione. E poi nonni, coppie di nonni, bambini, famiglie, padroni con i cani e cani con i loro amici. Cavalli. A due passi dal Grande Raccordo Anulare io corro nei prati accanto ai cavalli.
Coccinelle, api ed altri insetti svolazzanti da un fiore all’altro, margherite e altri germogli colorati che rendono unico questo angolo di mondo.

In ed Es.

Presto attenzione al mio respiro, come fosse un suono proveniente dall’esterno. Qualcosa da decifrare, da seguire, per riconoscervi una musica ben nota.

Che buffo.
Sorrido se penso che un Paese intero debba smettere di respirare per far sì che i respiri di ognuno vengano ascoltati.
E’ un po’ come il cuore che pulsa.
Finché non si ferma, magari nel petto di qualcun altro, chi si metterebbe mai a tenere il ritmo dei suoi battiti?

In ed Es. In ed Es. In ed Es.

Vorrei voi foste qui.

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