It’s the end of the world as we know it?

Questo bellissimo pezzo dei REM non è una semplice canzone per il risveglio, ma una domanda che spesso mi sto ponendo in questi giorni: è la fine del mondo che conosciamo?

Io dico di no, almeno per quello che riguarda l’essere umano. Non cambierà nulla nelle abitudini e nella cultura dei popoli; torneremo esattamente come prima, se non peggio di prima.

Non saranno 3, 4, 5 mesi di quarantena a cambiare la natura egoista dell’uomo nei confronti della natura, della società e degli altri.
Mi trovo in disaccordo, ahimè, con tutti quei discorsi buonisti che recentemente impazzano sui social. E credetemi, vorrei poter condividere la speranza di un mondo migliore, più altruista, più generoso, più civile e di gran lunga meno ipocrita.
Ma fidatevi: potrebbe inizialmente travolgerci un’ondata di bontà e rettitudine insieme ad una zelante disponibilità verso il prossimo. Una momentanea zaffata di affetto e sentimentalismo che scemerà dopo pochi giorni, proprio come il profumo di una fragranza poco persistente.

Torneremo ad essere i soliti esseri umani furbi ed incivili di sempre, torneremo pensare al nostro orticello, a rubare il posto in fila al supermercato o al semaforo.
Torneremo a parcheggiare ove non è previsto, ad usufruire del posteggio disabili anche se non lo siamo… perché, è ovvio signori, risorgeranno i finti invalidi dalle ceneri.

Ritorneremo a maltrattare l’ambiente con l’inquinamento dei nostri elettrodomestici e lo spreco di acqua ed elettricità. Butteremo le sigarette a terra e le cartacce e la plastica ovunque ci capiti, per strada, al parco, dal finestrino. Non puliremo i resti e gli scarti dei nostri festosi barbecue nelle aree verdi e non raccoglieremo gli escrementi del nostro cane sul marciapiede.

E tornerà il caro vecchio traffico, miei signori, oh sì se tornerà. Daremo di nuovo il benvenuto agli ingorghi in città, sul Grande Raccordo Anulare e lungo tutte le arterie stradali della penisola. Piangeremo nuovamente gli incidenti stradali, perché i cellulari alla guida e le serate audaci in discoteca torneranno a riempire le nostre incaute vite, costantemente in bilico tra il buio e la luce.

Non tenderemo la mano a chi è in difficoltà, come ci adoperiamo a fare adesso, perché una volta rientrati in possesso della nostra noiosa quotidianità, perderemo i super sensi sviluppati grazie al silenzio di questa quarantena.
Saremmo ciechi, sordi e muti davanti alla sofferenza e al dolore. E sapete perché? Perché nessuno ama riempire di sofferenza le proprie giornate, già cariche dei soliti guai e delle gravose preoccupazioni di sempre. A nessuno piace pensare al male.

Lo so, signori, non sono Marco Mengoni e non ho così tanta fiducia negli esseri umani.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *