L’anno che verrà.

L’anno che verrà (che è già venuto in realtà, ma è il primo giorno, suvvia, non siamo pignoli, ne mancano altri 364! O è bisestile questo qui?) …
Dicevo, dunque…
L’anno che verrà sarà carico di attese e risposte per me. Aspetterò il loro arrivo con una telefonata, una email o una qualche lettera in busta chiusa nella cassetta della poste.
Attenderò.
Chissà.
Qualcuno mi dice che non dovrei fare troppo affidamento su certi responsi, mentre su altri sì, potrei sperarci.
Aspetterò.
E chissà.
I giorni trascorreranno fulminei come sempre ed io non mi renderò quasi conto di quanto sarà lunga l’attesa.
Staremo a vedere.
Intanto fatemi assaporare l’inizio del 2014 e lasciate che vi auguri tutto il meglio per questo anno che verrà.

Diario di viaggio: Aosta

Non sono stata puntuale nell’augurarvi buona Pasqua, visto che l’ho fatto in anticipo, e continuo a non esserlo, visto che ve li ribadisco ora, a Pasqua fatta. Spero abbiate tutti trascorso delle serene festività, chi a casa, chi fuori, chi altrove nel mondo.
Come molti di voi sapranno, io sono partita per la Valle d’Aosta, regione di cui posso dire di non aver visto pressoché nulla, essendomi limitata a girare per il capoluogo e a scendere lungo le piste di Pila.
Ma andiamo piano e con ordine.


Durante la mia permanenza in terra valdostana, sono venuta a scoprire che la regione, oltre alle mastodontiche meraviglie conosciute da ognuno di noi (Sua Signoria il Monte Bianco ed il di Lui compagno, il Monte Rosa), vanta bellezze naturali a non finire. Anzitutto è bene precisare che la Valle d’Aosta consta di ben 27 valli, le quali dipartono a destra e sinistra, come denti di un doppio pettine, dalle valle centrale in cui si trova il capoluogo Aosta. L’antico nome della cittadina, Augusta Pretoria (ovvero città voluta dall’imperatore Augusto e da lui sottratta agli originari abitanti, i Salassi), testimonia le sue origini romane. Difatti l’urbanistica ricalca con fedeltà quella che era la conformazione dell’accampamento su cui poggia le radici. Cardo e decumano sono immediatamente riconoscibili – quantomeno con una cartina tra le mani – sebbene oggi ospitino negozi e vetrine ammirate dai numerosi viandanti che vi passeggiano. Specialmente nelle giornate soleggiate – di quelle che purtroppo sono mancate a noi – i cittadini valdostani spalancano le finestre ed escono di casa, animando via Sant’Anselmo o Croce di Città, due delle principali arterie del centro.


Le testimonianze del periodo romano non mancano: si va da resti storici “comuni”, come cantine o sottoscala che aprono porte su lontane epoche storiche, ai reperti più monumentali, tra cui il teatro romano e l’arco di Augusto, porta d’ingresso alla città. Ma non finisce qui. Il tutto è esaltato dal maestoso paesaggio montano che fa da contorno: le Grand Combin (che segna il confine naturale con la Svizzera) da una parte, la Becca di Nona dall’altra, il Cervino che spunta in lontananza con la sua vetta apparentemente irraggiungibile.

Purtroppo un cielo limpido che ci consentisse di ammirare tutto questo lo abbiamo avuto solo in partenza (come vi dicevo, il tempo atmosferico non è stato con noi molto clemente), ma devo dire che, anche con le nubi, lo spettacolo di fronte ad occhi che guardassero in alto presentava un fascino molto suggestivo. Le nebbia, infatti, gettava la città in una dimensione quasi onirica e, camminando con il naso all’insù, si aveva l’impressione di girovagare in un sogno. Le cime delle grandi Signorie montagne si scoprivano dalle nuvole che a volte le nascondevano per intero, come se volessero tendersi, “stretcharsi” verso l’alto.
Proprio tra queste cime sorge la località sciistica di Pila, meta di due nostre giornate all’insegna dello sport, ma piuttosto sfortunate meteorologicamente parlando.
Anche qui occorre sottolineare che Aosta è collegata a Pila tramite una ovovia molto efficiente e non lontana dal centro, la quale impiega una ventina di minuti ad arrivare alla località sciistica, non dopo essersi fermata in due stazioni intermedie. La prima, Les Fleurs, rappresenta una piccola frazione che – immagino – per sei mesi all’anno è coperta da neve. Ovviamente è raggiungibile anche in auto, così come lo sono Plan Praz (letteralmente “Prati piani”), che, come suggerisce il nome, è ottima per lo sci di fondo, e Pila stessa


Tornando proprio a quest’ultima, il comprensorio non è enorme – sono circa 70 km di piste – ma per le nostre esigenze si è rivelato più che ottimale. La vetta più alta da raggiungere con gli impianti di risalita si trova a 2700 metri, ma, viste le avverse condizioni meteorologiche, le piste che vi si originavano son sempre rimaste chiuse. Così, il punto più alto da cui abbiamo goduto gli splendidi panorami alpini e gustato i bianchi e traboccanti silenzi è stato a 2600 metri circa.
Ma ci siamo più che accontentati. Anzi, direi che alla fine siamo rimasti più che soddisfatti: in fondo un viaggetto del genere, breve, concentrato, ma intenso, non è cosa da tutti i giorni.