To Rome With Love [Woody Allen]

Quattro storie che prendono le mosse e si dispiegano in una Roma che, oltre ad essere semplice teatro delle vicende, diventa spettacolo stesso da ammirare e gustare.
L’amore nutrito dal regista nei confronti delle città non giunge come una novità.
Aveva iniziato con Londra, scenario di molti dei suoi ultimi film, tra i quali “Match Point”, “Basta che funzioni” e “Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”. Era poi passato alla capitale della Catalogna dove aveva calato il triangolo amoroso di “Vicky, Cristina e Barcelona”. Recentemente era tornato al nord, sulla Senna, per quel delizioso lavoro che è stato “Midnight in Paris”. Oggi è invece approdato nella città eterna, i cui scorci sono sempre magnificamente sorprendenti ed emozionanti (almeno per una romana come me).

Il confronto con “Midnight in Paris” nasce spontaneo e devo ahimè constatare che il film vincitore dell’Oscar all’ultima edizione degli Academy Awards risulta assolutamente imbattuto. Un film di pregio è, a mio avviso, un film che lascia qualcosa, sia esso un senso di serenità, commozione o turbamento. Non sto qui a ripetere come la macchina da presa lungo i boulevard parigini mi abbia conquistata e stregata (va bene, l’ho ripetuto. E con questo?). Sono qui a commentare il nuovo lavoro di un regista che stimo parecchio e che, in veste di attore, è pur sempre un ottimo interprete. Tuttavia non posso celare la mia delusione nell’essere uscita dalla sala con un certo senso di perplessità. Le conclusioni tratte da Allen sono abbastanza discutibili a mio parere. Non posso, ad esempio, condividere quella riflessione che recita più o meno così: “La vita non ti dà soddisfazioni nè se sei ricco e famoso, nè se sei povero e sconosciuto. Però, tra le due cose, la prima è decisamente migliore.”
Anzitutto questa considerazione così pessimistica della vita, forse riconducibile ad un tale Giacomo del Romanticismo, andrebbe rivista. Le soddisfazioni arrivano nel momento in cui si è consapevoli di quello che si fa e si dà il massimo per raggiungere determinati risultati. Che poi questi vengano o meno resi pubblici è un’altra storia. E poi si può essere ricchi anche da un punto di vista non strettamente materiale. La ricchezza negli affetti è qualcosa di impagabile. Per di più è esclusiva, unica. Nessuno sarà mai ricco come qualcun altro. Ognuno si considererà il più ricco di tutti, perchè è pienamente soddisfatto della sua condizione.
Poco simpatica anche la scena finale tra i due coniugi che, poco dopo aver commesso entrambi adulterio, si ritrovano, come se niente fosse, l’uno tra le braccia dell’altro. Si sarebbe potuto evitare, secondo me.

Ora, oltre a chiedere perdono per lo spoiler, vorrei soffermarmi su una nota positiva e pregievole del film: la colonna sonora.
E’ qualcosa che Allen aveva già sperimentato, con soddisfacenti risultati, in “Midnight in Paris” e che trasferisce nel suo lavoro romano. Il gusto per musiche che evocano spensieratezza, brio e contribuiscono a formare l’immagine della città così come Allen vuole mostrarcela. Una Roma piena di vita, di movimento, dai paparazzi che invadono l’esistenza ordinaria di Leopoldo Pisanello, rendendo quest’ultima una sorta di reality televisivo, alla escort e la ragazza travolgente che entrano improvvisamente nelle vite di un marito friulano e di un giovane studente di architettura.

L’interpretazione che più delle altre ha lasciato il segno (escludendo quella dell’ormai espertissimo regista) è stata quella di Ellen Page, alias Monica, incantatrice di uomini e alquanto abile nello sfoggiare una cultura di poco spessore.
Interessante la figura di John, una sorta di angelo custode del giovane architetto imprigionato nelle spire della seducente Monica.
Particolare la chiusura, sebbene lasci un po’ interdetti.
“Sulle scalinate di Piazza Di Spagna siedono gli innamorati. Ma di questo vi parlerò un’altra volta”

Quello che abbiamo visto non è mai stato, dunque, amore?

Quasi Amici [Olivier Nakache]

Ero in astinenza di cinema da un bel po’. E con ciò non intendo dire che fosse diverso tempo che non mettevo piede in sala, ma piuttosto che da qualche settimana a questa parte non ho più avuto occasione di vedere del Cinema, dei film degni di nota. Questo “triste” periodo si è concluso giovedì sera, quando, con il fidato gruppetto di amicizie cinefile, si è deciso di andare a vedere Quasi Amici, film di cui avevo già da più parti sentito parlare. Sarà stato per la lunga lontananza dallo schermo (nella veste di spettatrice naturalmente), sarà stato per la mia disposizione d’animo e di psiche particolarmente incline a recepire il prodotto cinematografico, ma devo dire che il film m’è proprio piaciuto tanto. Un magistrale dosaggio tra buoni sentimenti, sinceri e non scontati, autentici e mai artificiali, e momenti irreverenti, ancora non pretenziosi ma basati su piccole cose, piccoli gesti. C’è dunque spazio per la risata nella stessa misura in cui è resa possibile la riflessione. C’è un tempo per sorridere briosi, un altro per ragionare amareggiati. C’è modo di divertirsi fino alle lacrime, così come è possibile versare lacrime non tanto per divertimento quanto per profonda commozione. Sul piano tecnico ho enormemente apprezzato il frequente ricorso ai primi – se non primissimi – piani, l’indugio della macchina da presa sui volti dei personaggi e loro espressioni, che mostravano limpidamente, complice la bravura dei due interpreti protagonisti, i loro stati d’animo ed i loro moti interiori. Tratto da una storia vera, narra dell’amicizia che si instaura tra un tetraplegico ed il suo badante. Il primo, facoltoso signore di agiata condizione sociale; il secondo, uomo di colore di origine senegalese ed apparentemente il meno indicato a prendersi cura di un’altra persona, non essendo lui capace di portare alcuna soddisfazione alla madre e alla famiglia. Inutile dire che il rapporto cambierà in modo radicale entrambi, rendendo l’uno dipendente dell’altro. Non solo fisicamente, ma soprattutto a livello umano. Credo si debba battere le mani al solo pensare che una relazione così profonda, tra due individui diametralmente opposti, abbia avuto modo di sbocciare nel quotidiano terreno di ipocrisie e discriminazioni sociali.