Traguardi di rallentamento per una vita più Zen

Ho sempre saputo 2 cose:

  1. Mi piace programmare i miei impegni a lungo termine e con anticipo. Mi trovo bene a pianificare le mie giornate con un certo dettaglio, sfruttando il tempo al meglio delle mie e delle sue possibilità, come una bottiglia (di vino) da scolare fino all’ultima goccia.
  2. Tutto questo, alle volte, mi fa male.

Oggi ho capito altrettante 2 cose. E c’è voluto un cellulare senza rete, né campo, né SIM (praticamente inutilizzabile) causa operazione di portabilità in corso.

Hai capito che ti fanno male i rapporti sociali, direte voi.

Anche.

E la connessione a 452 sistemi di messaggistica + 1 (come le gelatine Tutti I Gusti), giusto per stare sul pezzo. Per non parlare di quei volti più o meno noti (meno son noti, più ci interessano) che vedi scorrere così tante volte nella tua giornata, tanto che in media guardi più i loro occhi che quelli della tua famiglia.

Anche questo ho capito, sì.

Senza contare il fatto che assecondare un mondo digitale che corre come una scheggia impazzita non è certo un buon modo per rallentare i ritmi.

Elementare, Watson.

E’ chiaro che ogni giorno conquistiamo la comprensione di un piccolo tassello aggiuntivo nel puzzle della conoscenza. Ma, dopotutto, non è questo che oggi – proprio oggi – ho capito.

Insomma, galeotto è stato quel cellulare senza possibilità di utilizzo alcuno. E non mi meraviglio poi così tanto.
La tecnologia, nel suo esserci e soprattutto nel non esserci, è sempre una preziosa fonte di illuminazione.

Questa mattina ho avvertito chi ho potuto della mancanza di rete e copertura sul mio cellulare. “Per urgenze o se avete bisogno di me, chiamatemi”, ho detto. E indovinate? Nessuna chiamata ricevuta.

Bene, allora eccoci arrivati alle mie conclusioni:

  1. Cosa è davvero così urgente? E quante urgenze capitano al giorno? Secondo i nostri paradigmi quotidiani, viziati dall’immediatezza e dalla velocità della tecnologia, molte delle cose che gestiamo durante il giorno sono urgenti. La verità è che il senso di urgenza ci viene creato artificialmente mediante subdoli meccanismi che portano la nostra mente a processare come “questa cosa è importante/da fare subito” i 3/4 delle attività giornaliere.
  2. Mi pare evidente asserire come io non sono fondamentale per la vita degli altri. Nessuno di noi lo è, l’ho sempre pensato. Ebbene, non è una conclusione triste e rassegnata, tutt’altro! Si tratta anzi di una profonda conquista di libertà. La consapevolezza che da me, in questo momento, non dipendano strettamente altre vite allevia il mio peso nel mondo, pur rendendomi responsabile delle azioni che compio per mio conto.

L’essenziale sono io per me stessa. Il resto essenziale è davvero poco e non supera la conta delle dita in una mano: la famiglia, gli amici, il mio cane, il lavoro. Siamo a 4, non arriviamo nemmeno ad una cinquina completa.

Oggi sono diventata un pochino più zen. Piccoli traguardi di rallentamento per una trottola in pista.

Ossa gelide. 

È così che ci si deve sentire.
Anche se posso solo immaginare.
Appena usciti da una doccia calda, in punta di piedi, quando la pelle entra in contatto con il pavimento gelido.
Ed è un attimo.
Salgono i brividi e le goccioline d’acqua, timide, si cristallizzano.
Senti freddo. Tanto freddo.
Stringi i denti e afferri il primo asciugamano a portata di mano, purché ti riscaldi. Avvolgi le membra all’interno del telo e recuperi energia, avverti un nuovo calore. Te lo strofini addosso finché il freddo è passato, il gelo iniziale ha lasciato il posto al profumo del sapone sulla pelle.
Forse è così che ci si deve sentire.
Tranne l’ultima parte, perché il freddo rimane e nel corpo non ci sono più battiti.
Il profumo della vita viene esalato insieme all’ultimo respiro.