Il lavoratore italiano è insoddisfatto, annoiato. Oscilla tra l’esasperato ed il depresso, in una condizione non ben definibile , che vede però una lampante descrizione nel momento in cui egli ha modo di incontrare i suoi simili. Il treno delle 7.30 del mattino costituisce uno di questi momenti.
Oltre alle classiche lamentele in merito al ritardo e all’inagibilità dei treni, questi i discorsi che si sentono aleggiare nell’aria:
“Non faccio niente tutto il giorno. Spesso mi metto su internet…non so proprio che fare…”
“Sì, ma pure internet…dopo un po’…”
“Eh lo so, ma non c’ho niente da fare…”
“Io a pranzo sto alla scrivania. Manco me alzo…”
“Pure io. Co’ sto freddo a chi glià va de uscì…”
“C’hai ragione, ma sai, magari pe’ spezzà…”
“Ma infatti chi gliela fa tutto il giorno. ‘Na monotonia…”
[romani d.o.c. nel secondo dialogo]
Mentre ascolto queste conversazioni avvilenti, non posso che riconoscermi, nel mio “transitorio” piccolo, all’interno dei loro discorsi. Penso tra me e me: “Eh, come vi capisco!”
In effetti mi sto rendendo conto di quanto la pausa pranzo sia un momento prezioso. E’ essenziale interrompere il lavoro per un po’, un’oretta, un’oretta e mezzo, quantomeno per mettere il muso fuori dall’ufficio.
E così faccio, durante questo periodo di protolavoro.
Esco dai locali caldi dell’agenzia, coprendomi debitamente per via dell’aria fredda che, nonostante sciarpa e guanti, si avverte a pelle. Alzo lo sguardo appena metto piede fuori dal portone e mi trovo davanti il maestoso spettacolo di S. Maria Maggiore.
Quando sono in compagnia dell’amica con la quale ci siamo alternate i turni di protolavoro, faccio due passi: via Cavour, Piazza dei Cinquecento, stazione Termini, libreria. Tappa obbligata e prevedibile. Lì sì che il tempo vola! Neanche riusciamo a vedere due corsie, pullulanti di titoli e copertine che ci fanno l’occhiolino, che l’ora di riprendere il protolavoro scocca.
L’altro giorno, però, l’amica Ery non c’era, sicchè ho deciso di rimanere in piazza, a consumare i miei pasti e le mie letture all’ombra della Basilica. E beh, fatta eccezione per un incontro ravvicinato poco raccomandabile (i malintenzionati in centro sono internazionali: ti si rivolgono in inglese), me la sono proprio goduta la protopausa pranzo.
Nel corso di quell’oretta ho ragionato anche sul perchè non si organizzino tirocini il libreria, o, ancora meglio, in biblioteca. Sarebbe un sogno. Altro che tempi morti! Solo tempi guadagnati, fruttuosi, produttivi. E poi, nel caso volessi mettermi a leggere qualche pagina, anzichè farlo furtivamente sotto la scrivania per evitare di dare nell’occhio, starei semplicemente…dando un’occhiata ai volumi da archiviare.
Così come imparo a memoria le pratiche della DER, allo stesso modo potrei leggermi attentamente, mooolto attentamente (e facciamo pure integralmente, valà!) ogni singolo libro, o no?