Paure infondate (almeno per ora…)

Ultimamente sono terrorizzata dall’idea di non trovare più argomenti di cui scrivere.

Io ho sempre detto che l’ispirazione vien scrivendo, ma se un giorno non riuscirò più nemmeno ad iniziare a scrivere? Ho paura di trovarmi di fronte  questo schermo bianco ed esitante, che dopo un pò si stancherà di starmi ad aspettare ed entrerà in modalità screen saver. E lo screen saver che mi apparirebbe davanti in questo momento sarebbe quello di Inception, che ho scaricato quando cercavo qualche foto del film. Una trottola che ruota incessantemente e disegna traiettorie circolari sullo schermo. Nel film la trottola è considerata un totem: un piccolo oggetto che andava tenuto sempre in tasca e di quando in quando tastato, fatto ruotare tra le dita, per assicurarsi di non trovarsi in un sogno altrui, per accertarsi di non essere una proiezione del subconscio del sognatore.

Ecco, ci risiamo.
Ho iniziato questo post con l’intenzione di esprimere i miei timori circa un’improvvisa mancanza di ispirazione che tra poco potrei raggiungere, ed ora mi ritrovo  a parlare di Inception, un film che mi ha davvero stregata, certo, ma che non c’entra niente con questo articolo!
Allora è proprio vero che le idee arrivano scrivendo. E’ proprio vero che più scrivi, più non riesci a smettere. E’ come una droga, che provoca assuefazione, che genera dipendenza. Ed è assolutamente meraviglioso essere ai suoi ordini.

Ora però cerco di concludere, altrimenti sarei capace di averne ancora per molto.
Beh, credo proprio di non dovermi preoccupare più di tanto.
Almeno per ora. 😀

Un canto alla morte

Chi non ha presente Giacomo Leopardi, il famoso poeta italiano nato a Recanati, un piccolo borgo delle Marche, di cui però conosceva ben poco, dato che viveva sempre intrappolato all’interno dell’immensa biblioteca paterna? Chi, pur non conoscendo notizie del genere sulla sua biografia, non lo hai mai sentito nemmeno nominare? Infine, chi ancora ignora che lui e la vita non andavano molto d’accordo?

Già, non si erano per nulla simpatici i due: Lui, costantemente chiuso in sé stesso, dedito agli studi, in contrasto con il mondo intero ed i suoi popoli (ad eccezione di antichi per i quali provava una reale venerazione), pessimista cronico ed irrecuperabile; Lei, che avrebbe potuto essere frizzante, gioiosa, serena, ma che incontrando un tipo così, non ha potuto che fare marcia indietro. Ma chi avrebbe mai pensato che Lui condannasse la vita sin dalla nascita, senza darle nessuna possibilità, senza permetterle di mostrare le meraviglie di cui sarebbe capace?

L’ultimo verso del “Canto notturno di un pastore errante per l’Asia” è assolutamente chiaro: “funesto è a chi nasce il dì natale”. Siamo fregati, tutti quanti, umani e non, “in qual forma, in qual stato che sia, dentro covile o cuna”. Tutti fregati, fin dal momento in veniamo al mondo.
Ma non è solo l’ultima parte della poesia a rendere manifesto il pessimismo di Leopardi. Pessimismo da me ironicamente definito “cronico ed irrecuperabile”, ma che didatticamente, tra le pagine dei testi scolastici, è suddiviso in “storico” e “cosmico”. Pessimismo che pervade l’intera lirica, che si insinua nelle strofe e tra le parole, come se fosse un veleno, che a lungo andare corrode l’anima e lacera ogni speranza.

…Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi?
dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?

…Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar
convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?

…E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante
facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? che vuol
dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della
stanza
Smisurata e superba,
E dell’innumerabile famiglia;
Poi di tanto
adoprar, di tanti moti
D’ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza
posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun
frutto
Indovinar non so.

…Dimmi: perchè giacendo
A bell’agio, ozioso,
S’appaga ogni animale;
Me,
s’io giaccio in riposo, il tedio assale?

…forse erra dal vero,
Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in
qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E’ funesto a chi
nasce il dì natale.