Se nu te scierri mai delle radici ca tieni: riflessioni linguistiche in quel di Salento

Se nu te scierri mai delle radici ca tieni
Rispetti puru quiddre delli paisi lontani
Se nu te scierri mai de du ede ca ieni
Dai chiu valore alla cultura ca tieni!

L’uso transitivo dei verbi “salire” e “scendere” (in)/(ris)contrato di recente in terra salentina (che corrisponde alla provincia di Lecce e nient’altro – non vi azzardate ad annoverare Brindisi e dintorni, tra cui la famosa Ostuni, nell’Alto Salento, in quanto i salentini veri sono molto orgogliosi, oltre che territoriali, e potrebbero seriamente offendersi) …. ma dicevo, l’uso transitivo dei verbi “salire” e “scendere” è un fenomeno linguistico assai curioso e affascinante per una che ama riflettere sulla lingua e ha una deformazione personale nella conoscenza delle varietà dialettali della penisola.
E altrettanto interessante è l’utilizzo della formula “stare + gerundio” per indicare piani e programmi futuri anziché un’azione in corso di svolgimento, come vorrebbe la grammatica italiana.
Un esempio emblematico di queste affascinanti distorsioni sta nella frase:
La prossima settimana mio papà mi sta salendo la macchina a Roma
Con la presenza anche del complemento di termine “mi” a conclusione del tutto.
Tra i prodotti tipici salentini, oltre a friselle, taralli ed intramontabili pasticciotti, di sicuro non manca un generoso quantitativo di sintassi personalizzata e irriverente, condita con un accento del tutto riconoscibile ed un lessico ricco di forme tradizionali.
Insomma, una genuina ricetta di salentinità anche nella lingua.
Amo questa terra sempre di più.

La cultura vera è cu sai capire
Ci tene veramente besegnu ci ete lu chiu debole
Me la difendu, stritta e forte cullu core
Quista e’ la poesia ca crea sta terra cull’amore.
Quiddra ca muti, tenenu modu te sentire
Grazie a ci la porta in giru oci a quai la po saggiare.

Diario di Viaggio: Ostuni

CONTINUA DA Diario di Viaggio: Matera…
La casa vacanze che ci ospiterà ad Ostuni è essenziale, piccola, ma funzionale. Tremendamente utile è la doccia esterna che praticamente sostituirà quella interna per tutta la nostra permanenza in Puglia. Altro punto forte è la posizione: immersa in una distesa di ulivi e raggiungibile con una stradina interna, sterrata DSC_0144e circondata da alberi da frutta. Ergo: pace totale. Solo di tanto in tanto, in lontananza, sentiamo il rumore della ferrovia, a dimostrazione dell’alta frequenza dei treni nel sud. 
Il primo giorno scegliamo di recarci a Torre Pozzella, la spiaggia più vicina, per farci un’idea della costa e capire che tipo di mare aspettarci. In realtà di spiaggia ne troveremo poca perché la costa fino a Brindisi tende ad essere rocciosa, scogliosa e con piccole calette, ovviamente occupate da tanti funghetti di colore diverso che altro non sono che ombrelloni. Il mare è uno spettacolo, limpido e calmo, cosa che ci permette di stare in spiaggia (cioè sugli scogli) fino al pomeriggio, seppur abbastanza accaldati. Ci organizziamo una cenetta a casa, mangiando comunque friselle, le bruschette locali che devono essere bagnate nell’acqua prima di essere servire. Una bontà, veramente. Dopo cena ci rechiamo ad Ostuni e parcheggiamo quasi in centro, che è ovviamente piccolo e raccolto. Ci fa però una buonissima impressione: pulito, curato, elegante, pieno di locali ma non di bettole, tutti con stile e originalità. C’è molto passeggio, così seguiamo la folla e raggiungiamo la Cattedrale, alla sommità del paese, passando per viuzze in salita e tra negozietti di souvenir ed artigianato locale. Qui l’acquisto della mia calamita è d’obbligo (vi ho mai detto che collezioniamo calamite di ogni viaggio che facciamo? Il frigo inizia ad esserne stracolmo…). Memori della scorsa vacanza in Salento (qui il relativo Diario di Viaggio) e della squisitezza del pasticciotto leccese, ne andiamo a caccia anche qui, pur sapendo che non è esattamente la zona. Ma cerca cerca, chiedi chiedi, troviamo un bar che ordina questo dolce strepitoso direttamente da Lecce e ne gustiamo due come sostanzioso dessert.
Dietro consiglio di alcuni locali che conosciamo a Torre Pozzzella decidiamo di recarci alla riserva naturale di TorreDSC_0084 Guaceto, che si rivelerà essere un angolo di paradiso. Parcheggiamo la macchina, prendiamo la navetta (non quella gratuita, ma una extra a pagamento che conduce nelle zone più interne della riserva) e ci incamminiamo per un sentiero di circa 800 metri che separa noi dalla spiaggia. In realtà ci sono tre calette in cui poter sostare: noi scegliamo una striscia ampia di fine sabbia bianca, movimentata da un andamento curioso, non lineare. Per fortuna non è troppo affollata, visto che la maggior parte della gente si dirige nella spiaggia servita dalla navetta gratuita. Qualche ombrellone c’è, ma tutto sommato il posto è riservato e molto selvaggio: sembra di essere sulla spiaggia di Cast Away! La vera meraviglia ci aspetta però in mare, i cui fondali sono tutti da scoprire. Ci imbattiamo in diverse sarpe, occhiate, saraghi, riconosciamo una marmora ed un’orata, oltre ad enormi branchi di pesciolini che ci nuotano indisturbati sotto i piedi. L’acqua è strepitosa, sembra formare una piscina naturale in alcuni punti, per poi sprofondare in un blu scurissimo. Ma la cosa più bella è la sua temperatura, che in realtà troveremo constante lungo tutta la costa: è calda, piacevole, da sogno.
Questa sera andiamo fuori, in un ristorante di pesce che ci è stato consigliato sempre dagli stessi tipi del luogo incontrati in spiaggia il giorno prima. Purtroppo non siamo fortunati come con Torre Guaceto, perché il locale non ci entusiasma a livello di piatti presentati e sopratutto per il modo in cui veniamo trattati con il conto: un totale più alto del dovuto e pressoché ingiustificato. Ci consoliamo con una passeggiata sul lungomare di Torre Santa Sabina e nuovamente con un pasticciotto dei nostri sogni.
Ci svegliamo doloranti: io ho il labbro inferiore che sembra essere stato gonfiato con un botulino, Armando ha la schiena e le cosce rosse come un pomodoro (ha la pelle delicata di un bebè e non va tanto d’accordo con il sole). Così decidiamo di non osare e di accontentarci di una mezza giornata di mare, per poi dedicare il pomeriggio ad un giretto ad Ostuni, per apprezzarla sotto la luce del sole. Dunque la mattina la trascorriamo a Gorgognolo, una caletta che ricorda molto Torre Pozzella e che presenta dei colori sempre stupendi. Nel tardo pomeriggio (tanto prima delle 17 non c’è anima viva in giro e sopratutto tutti i negozi sono chiusi) passeggiamo per Ostuni, scoprendo degli angoli davvero DSC_0124deliziosi. Il bianco accecante delle costruzioni ci dà l’impressione di essere in un’isola greca tipo Santorini, così come pure il colore degli infissi, blu o verdi, ad indicare che nulla è lasciato al caso. Per fortuna non soffriamo il caldo, un po’ per la presenza di diverse fontanelle, un po’ per un’arietta piacevole che pare provenire da una finestra spalancata. Più tardi scopriremo la sua vera origine: delle terrazze che affacciano su tutta la campagna circostante e dove lo sguardo spazia fino al mare. Avventurandoci tra scale e scalette, salite e discese, scopriamo dei locali inerpicati sui gradini, protetti dalla vegetazione e nascosti tra le mura. Attirano molto la nostra curiosità, tanto che il giorno dopo, per salutare il termine della vacanza, decideremo di fermarci a mangiare presso uno di loro. Questa sera però un maxi barbecue ci aspetta con tanto di specialità del luogo: caciocavallo e bombette al formaggio.
Già dalla sera notiamo che il tempo sta cambiando perché un forte ed insolito vento ci fa compagnia durante la cena. Difatti la mattina, recandoci in direzione mare, ci accorgiamo di come sia mosso ed infuriato. Non sappiamo bene cosa fare, anche perché l’ipotesi di tornare – come speravamo – a Torre Guaceto è stata abbandonata nel momento in cui ci siamo resi conto che fosse sabato e che quindi l’affluenza dei turisti alla riserva sarebbe stata triplicata. Dopo un sopralluogo alla costa di Lamaforca, capiamo che è il caso di spostarci un po’ verso nord e sopratutto verso una costa più sabbiosa ed ampia. Approdiamo così a Pilone, sopra Villanova, dove riusciamo a trovare un altro posticino niente male: una duna protetta dalla macchia e dalla pineta. Con vista mare. Ci “ammacchiamo” e ci tratteniamo fino al tardo pomeriggio.DSC_0069 Salutiamo poi la magica Ostuni cenando in un ristorante molto suggestivo, adocchiato durante la passeggiata del giorno prima. La Taverna della Gelosia, aperta da più di vent’anni (come ci spiega la titolare), presenta i tavoli arrampicati sui vari gradini a formare un ristorante movimentato con tre terrazze. La cucina è molto particolare: si tratta di una rivisitazione di piatti poveri e medioevali come la pasta nera servita dentro ad una conchiglia di pane, creme al grano saraceno, polpettine e formaggi locali. La cena va alla grande, ma la partenza del giorno dopo ci impone di tornare in casa non troppo tardi, dopo l’ultima camminata per le terrazze illuminate della Città Bianca.

TO BE CONTINUED…