Chiaroscuro.

Avere una passione è corroborante, entusiasmante, esaltante.
Una passione è un po’ come una compagna di vita, non ti abbandona mai, sai di poter contare su di lei, è un porto sicuro nel quale approdare. Specialmente quando esplorare te stessa diventa pericoloso. Sopratutto nei momenti in cui, per carenza di energie vitali, su di te proprio non puoi fare affidamento.

Avere una passione è coinvolgente, vitale, totalizzante.
Una passione è qualcosa che ti porti dietro di giorno e che di notte ti fa fare le ore piccole, è qualcosa di cui potresti parlare per ore, con il rischio di diventare ripetitiva, patetica e logorroica. È qualcosa che rende la vita meno spenta, triste e noiosa.
Nelle fasi più buie, avere una passione nella quale rifugiarsi o alla quale aggrapparsi è veramente una benedizione.

In questi mesi ne sono successe di cose nella mia vita. Ma tante, veramente tantissime, chè a raccontarle una dietro l’altra nessuno mi prenderebbe sul serio.

In particolare si è trattato di eventi che mai avrei immaginato potessero capitare (a me poi? Naaaa…), situazioni che non avevo messo minimamente in cantiere nella mia tranquilla esistenza a questo mondo, cose del tutto inconcepibili, lontane dal verificarsi, per non dire quasi impossibili.
Eppure mi sono trovata a fare i conti con il dolore, un dolore profondo, per motivi diversi, nessuno più o meno grave dell’altro. Perché quando c’è in ballo la sofferenza, non importa chiedersi quale sia la causa – il più delle volte inspiegabile – ma domandarsi perché non siamo mai pronti ad affrontarla. A qualsiasi età arrivi, ci coglie sempre di sorpresa, ci fa restare di sasso senza la giusta forza di reagire.

In questo lungo e cupo periodo, ho ritrovato la forza nelle mie passioni, quelle passioni che da tempo avevo messo da parte, ma che, una volta risvegliate, non hanno mancato di dimostrare l’incredibile presa e presenza che hanno sempre esercitato su di me.
Ho riscoperto la pallavolo, il mio amore adolescenziale abbandonato per gli impegni frenetici di una vita che correva veloce, troppo. Mi sono riavvicinata alla lettura, alla musica e al cinema, mi sono scoperta una profonda appassionata del mondo del cibo, della cucina e della gastronomia, universi ai quali mi affaccio con quello spirito critico e quell’approccio di curiosità che mi ha sempre contraddistinta.
E poi la scrittura, lei che non molla mai, ma che a tratti era diventata più superficiale, meno spontanea, forse artificiale. Ora la sento mia e ne riconosco l’assoluta e vitale importanza per me.

Credo fermamente che ogni emozione provata possa essere ravvivata, amplificata e rivissuta con pari intensità se rielaborata nelle parole che più autenticamente la descrivono. Un po’ come sosteneva Wordsworth con le sue Emotions Recollected in Tranquillity attraverso l’inner eye, che altro non è che il nostro IO interiore e più profondo, con il quale solo poche persone sanno stare veramente in contatto.

E a quelli che mi dicono che sono egoista, concentrata su me stessa e focalizzata sui miei bisogni, rispondo che ho imparato a conoscermi ed ascoltarmi, facendo ciò che mi fa stare davvero bene. Senza dare fastidio a nessuno nè turbare la quiete altrui. Non ci vedo un crimine. La vita va vissuta con passione, giorno per giorno, e non farlo equivale a non vivere. Sapete cosa vi dico? Che Oscar Wilde aveva tremendamente ragione.

“Vivere è la cosa più rara al mondo, la maggior parte della gente esiste e nulla più”.

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Contro natura.

 2 mesi ormai…

Voglia di piangere.
Ho solo tanta voglia di piangere.
Fa bene farlo, se se ne avverte il bisogno.
Le lacrime vanno assecondate, non represse.
Devono essere lasciate scorrere, non soffocate dietro l’aspetto forzato di un sorriso malriuscito.
Perchè c’è un tempo per la gioia ed uno per il dolore.
Ci sono i momenti per ridere, e quelli per lasciarsi andare nelle braccia della disperazione.
La bravura sta nel vivere ogni fase così com’è, nella pienezza dei sentimenti che essa porta con sè. Essere felici quando è il caso di esserlo, sperimentare il dolore quando nulla, in effetti, ci porta ad essere sereni.
La sofferenza non va allontanata, ignorata, distaccata.
Non bisogna scacciarla o rifuggerla.
Occorre affrontarla guardandola in faccia, anche se gli occhi bruciano e sono gonfi di lacrime, anche se il cuore è trafitto dalle lame del dolore.
Sono stati mesi molto cupi, questi ultimi.
Mesi fatti da singoli giorni, giorni ricchi di emozioni contrastanti, giorni pieni di pensieri inquieti ed inquietanti, senza senso alcuno.
In balia di una tragedia, in assenza di fede e giustificazioni (no, non esistono in certi frangenti) si arriva ad essere sadici ed insensibili, e si trova conforto nell’eventualità del male, purchè minore di quello che si sta vivendo.
Pensieri del tipo “Ad una certa età si può capire…” o “Se fosse successo all’improvviso…” si ascoltano dentro di noi, fuori di noi, mentre la gente parla e si abbraccia, facendosi forza a vicenda. Eppure la realtà ormai non è più la stessa, ha assunto tutto un altro colore, il giorno è come la notte, la notte è interminabile e mostruosa.
Pensieri di quel genere non fanno che amplificare il dramma già in essere, riflessioni su quale sia la  morte migliore sono completamente futili. Fesserie, idiozie. Fa male comunque. Ed è sempre inaccettabile, inconcepibile. La morte migliore… ma che vuol dire?
Ecco, se la morte è parte della vita, componente imprescindibile della nostra esistenza umana, elemento intrinseco che dà senso alla vita stessa, come a lungo ci hanno insegnato, questa no. Non lo è. Non è la normalità, non è la natura. E’ contro natura.
Sento ancora la tua voce strozzata dal pianto mentre mi tieni la mano e chini la testa sulla mia spalla. Le dita che tremano e la pelle, ormai non più così giovane, che si fa piano piano viola: che fine ha fatto la tua fede? La profonda speranza che porti con te, la fiducia nella vita eterna, nell’esistenza celeste dell’anima e nella presenza di un Paradiso, per noi umani peccatori e colpevoli di essere (forse) troppo fortunati?
La verità è che non serve a niente nemmeno la fede. In questi momenti si desidera solo di morire anche noi, di mettere fine ad una vita che prima o poi un termine lo avrà. Il guaio è che potrebbe capitare oggi, domani, tra 30 anni, tra 2 ore… non lo sappiamo.
E viviamo nell’ombra della morte, una croce invisibile che pesa su di noi e si manifesta quando vuole lei, o quando vuole Dio, se è giusto che debba essere fatta la sua dannata volontà.
Amen.