Cronaca di un delirio annunciato.

Non so se è a tutti noto che da qualche annetto a questa parte lavoro come animatrice negli eventi per bambini. Fondamentalmente lo faccio con il mio ragazzo che ha un’agenzia di animazione ed organizzazione eventi.
Finora non ho tuttavia mai scritto qualcosa al riguardo, forse perché, come dice anche Armando, alla fine di una festa non desideri altro che dimenticarla. Hai voglia tutti a complimentarsi per il lavoro che facciamo, “Ah, che bello!”, come se ci invidiassero. In realtà le persone che se ne escono con tali frasi ignorano gran parte della fatica, dello stress e della concertazione mentale sottesa a questo mestiere. Che è logorante per certi versi. Tre ore di festa possono sfinire come un’intera giornata di lavoro (ma mai come otto ore di lezione consecutive all’università di cui questo semestre ho esperienza!). Comunque questo è un altro discorso: veniamo a noi.
L’altro giorno ho assistito a delle scene pazzesche alla fine di una festa particolarmente difficile. Bambini di 8 anni, solo maschi. Giorno infrasettimanale, ergo appena usciti da scuola. Indemoniati. Al di là delle inevitabili difficoltà riscontrate nella gestione della festa e delle attività, la parte allucinante è arrivata dopo, in seguito al taglio della torta e allo scarto dei regali. Ci tengo a precisare che a questo punto la festa, dunque l’animazione, si suppone conclusa, poiché si avvicina il fatidico momento dei saluti, dei ringraziamenti, del rinnovo degli auguri e finalmente del rientro a casa. Non è più compito nostro, quindi, intrattenere i bambini o sorvegliarli sino al loro congedo. È invece il momento in cui i marmocchi pestiferi (per non dire di peggio) vengono consegnati ai genitori, i quali spesso sono ancora impegnati in conversazioni tra loro.
Ora accade che normalmente va tutto bene. Questa volta no.
Avevo già notato che i bambini erano piuttosto vivaci, movimentati, scatenati, carichi di energie. Ho iniziato a insospettirmi sulla loro educazione nel momento in cui due di loro hanno preso a calci un nostro gioco, trattandolo senza il minimo rispetto e, peraltro, frantumandolo. Le mamme, cosa volete che dicano? Prese come sono dalle loro chiacchiere nel salottino e ancora incredule di essersi liberate dei figli per qualche ora.
Il delirio ha però inizio dopo la torta e vale la pena che tenti di descrivere la scena per rendere più chiaro di cosa parlo.
La festa volge al termine, la musica si abbassa, i genitori arrivano a riprendersi i figli ma si trattengono a parlare tra loro, rimanendo in piedi e ancora noncuranti dei loro bambini. I regali sono stati scartati, c’è ancora qualche cartaccia a terra (il grosso l’abbiamo già buttato via), la torta è stata tagliata ed il tavolo è rimasto al centro della sala. Fuori è buio, fa freddo e tira un ventaccio spaventoso. La sala si trasforma in un ring. Bambini che corrono dappertutto come se non si sfidassero da mesi, urlano, sbraitano, si rincorrono tra mille sonore risate. Qualcuno si getta per terra, imita i chitarristi delle rock band, qualcun altro striscia tra i tavoli e le sedie come se volesse pulire il pavimento. Altri ancora giocano a frustarsi con i nastri dei regali, così come a picchiarsi con le cartacce. Tutto questo in mezzo ad un baccano indicibile. Altri ragazzini si fanno i dispetti, prendono i nostri materiali e corrono per la sala esibendoli come trofei, con un ghigno beffardo su un volto da prendere a schiaffi. Altri aprono le finestre e si spingono per saltare giù. E poi ci sono quelli che corrono con le sedie sulla testa, le spostano su e giù, le strusciano sul pavimento e le muovono con veemenza. Qualcuno – non so come – ha staccato, rotto e danneggiato le luci esterne del giardino, in un impeto di follia, come fossero tutti sotto l’effetto di sostanze eccitanti. Ancora, tutto questo è accompagnato dal caos, una confusione evidente e fastidiosissima, eppure… I genitori continuano a chiacchierare placidi, immuni dal rumore insopportabile che li circonda e che sembra non tangerli. Non una parola, un rimprovero, un gesto di ripresa nei confronti di quelli che sono ormai diventati bestie scatenate, come i tori durante quella famosa manifestazione a Pamplona. E se loro non dicono nulla, perché mai dovrei sgolarmi io? La situazione è talmente inverosimile che mi viene da ridere. Dopo un po’ me ne frego di quello che sta succedendo (mentre Armando, tutto preoccupato, cerca di star loro dietro) e decido solo di godermi lo spettacolo, divertirmi per l’assurdità della cosa. Un terremoto fortissimo sta scuotendo la crosta terreste, ma i suoi abitanti continuano imperterriti con le loro attività, come se non stesse accadendo nulla. C’è qualche mamma che sorride a questi demoni, ogni tanto pronuncia a voce bassa la parola “basta”, ma poi si volta verso la sua interlocutrice per riprendere da dove era rimasta. E intanto questi diavoletti urlano, strillano, ridono a crepapelle mentre battono i piedi per terra e fanno rumore con qualsiasi cosa abbiano tra le mani. Aaah, io le mani dove le alzerei… Le facce da schiaffi non sono tanto quelle dei figli, ma dei cari genitori, che non hanno di certo impartito loro una educazione, visto il modo in cui si comportano e la mancanza di rispetto che dimostrano. Ma in fondo non mi sorprendo più tanto, specialmente quando vedo un genitore recarsi al tavolo delle bevande ed attaccarsi alla bottiglia dell’acqua per berne un sorso.
Non so come e non so quando, finalmente il branco inferocito si dilegua, come un gruppo di saccheggiatori che ha completato la sua brutale razzia del villaggio.
In realtà hanno fatto anche di peggio, perché ci hanno lasciati distrutti, stremati, privi di forze. Depredati di energie.
Un festa che è stata una battaglia, una lotta per la sopravvivenza. E nonostante tutto, l’abbiamo spuntata noi.