Joy [David O. Russel]

Joy è una gran bella storia, debbo dire. È la storia di una grande donna. Ed è una bella prova per Jennifer Lawrence, che ho valutato molto più in gamba di quanto la credessi (anche se già con Il lato positivo, film, tra l’altro, diretto dallo stesso regista e con il trio Lawrence-Cooper-De Niro, aveva voluto dimostrare a tutti la sua stoffa).

Joy è la storia della rivalsa di una donna sulle sconfitte, i fallimenti e le disgrazie che la vita le consegna come indesiderati fardelli da sopportare. È la storia di una donna che svolge con tenacia e dedizione tutti i ruoli che è chiamata a ricoprire: una donna madre, figlia, moglie, sorella (anche se a metà) e lavoratrice. Davvero siamo così tante cose insieme? (O non ne siamo nessuna contemporaneamente, come sottolineerebbe Pirandello). È in fondo anche la storia di un sogno, infranto dagli eventi ma riscoperto forse proprio grazie agli eventi stessi, in una vita che al tempo stesso ti abbatte ma ti dà occasione per rialzarti più forte di prima.
Robert De Niro e Bradley Cooper fanno solo da spalla al l’interpretazione incontrastata della Lawrence, che trasforma il film in un memorabile one-woman show. In ambito teatrale si direbbe che sa tenere il palcoscenico: con il grande schermo la sua recitazione fa la stessa cosa.
Se la trama, pur basata su una storia vera, può sembrare già vista (seguire il successo sofferto di una donna tra mille peripezie domestiche e amorose non è effettivamente cosa nuova), in Joy non si scade mai nel sentimentalismo più smielato o nello strappalacrime esagerato. Lei non è una donna finta, studiata solo per l’intrattenimento cinematografico, ma un personaggio profondo e concreto, che affronta le piccole difficoltà di ogni giorno con una forza di volontà enorme, eppure così reale.
Di pregio sono anche gli espedienti narrativi adottati, i flashback e le metafore, il paragone della vita con una soap opera e i momenti apparentemente slegati dalla trama principale che enfatizzano ancor di più la verosimiglianza ad una esistenza ed una lotta reale, quotidiana.
La determinazione di Joy, intervallata da momenti di legittima fragilità, è una qualità che paga, che viene premiata. Ed è in fondo il lieto fine di una favola, iniziata con i sogni di una bambina e conclusa con l’affermazione di una donna e la sua rivincita sulla vita.