12 anni schiavo [Steve McQueen]

Sono un po’ abbattuta in questo periodo (credo lo abbiate capito da soli), cosa che mi ha spinto a declinare un invito al cinema dedicato alla visione di American Sniper, film di Clint Eastwood candidato agli Oscar. Un’altra uscita simile è saltata, sebbene questa volta non per causa mia, quindi anche Birdman (plurinominato agli Academy) per il momento non mi avrà come spettatrice.
Fortuna che il cinema a casa te lo porta Sky (sembrerebbe una promo, ma non lo è), quindi lunedì scorso, giorno dedicato alle premiére, ci siamo visti con i miei la pellicola trionfatrice degli Oscar 2014: 12 anni schiavo.
Ambientato nell’America schiavista dell’800 e tratto da una storia vera, il film narra le vicende di un violinista americano di colore, Solomon Northup, che in un giorno qualunque viene rapito da due mercanti di schiavi spacciatisi per artisti circensi interessati alla sua dote di musicista. Inizia così per il protagonista una discesa verso il basso, la violenza, la crudeltà, l’ingiustizia. Passa di mano e di proprietà di due ricchi latifondisti, ma se il primo è un brav’uomo, retto ed onesto, il secondo è una bestia aggressiva, sadica ed incline alla crudeltà più malvagia. E’ da questa seconda parte del film che provengono le scene più dure e toccanti, così forti che mi hanno costretto a chiudere gli occhi e ritrarre lo sguardo. Ma è proprio in queste scene che emerge la potenza della regia. Si fa prepotente il ricorso ai primi piani e alle scene dilatate, con cambi di inquadrature ma con lo stesso soggetto, immobile, inerme: Solomon che canta, Solomon che piange, Solomon che lotta per la vita mentre è impiccato con una corda ad un albero. La lunghezza delle scene riproduce il tempo effettivo della storia e rende perfettamente il senso dell’attesa e della strenua resistenza di uomini e donne sottoposti ad atrocità a causa solo del colore della loro pelle. Non ho mai visto rappresentato così bene l’odio che i bianchi (certi bianchi) nutrivano nei confronti dei neri come in questo film. Un sentimento terribile, una ferocia ed un astio disumano che quasi esce dallo schermo e ti contorce lo stomaco, facendoti avvertire come tale emozione stia scomoda nel cuore di ognuno. E difatti anche tu ti senti scomodo, ti muovi, ti rigiri sul divano e cambi posizione. La forza del film è proprio quella di entrarti dentro. La bravura degli attori, primo su tutti il protagonista, Chiwetel Ejiofor, ma anche Michael Fassbender, è la ciliegina sulla torta. Un capolavoro sotto tutti gli aspetti.