Diario di viaggio: Salento e costa adriatica

La mia terza volta in Salento è stata dedicata, oltre all’esplorazione degli usi linguistici di questa parte di Puglia, alla scoperta della costa adriatica, che non ha smesso nemmeno una volta di darmi soddisfazioni.
C’è da dire che il vento – lu ientu, elemento fondamentale in terra salentina – è stato tutta la settimana a nostro favore e le temperature, di un caldo aggressivo, hanno permesso di farci godere un’acqua calda cristallina, in un mare che, complici gli splendidi colori, ha sempre avuto le sembianze di una piscina.
Le spiagge, le baie, le insenature e le calette nelle quali ci siamo fermati, tuffati e abbandonati come in un paradiso perduto, sono state:

  • Torre dell’Orso. Forse la località più rinomata della costa, affollata e presa d’assalto da turisti e famiglie di vacanzieri, è spettacolare nei colori e nei paesaggi. E’ chiaramente riconoscibile per la presenza delle Due Sorelle, ovvero due faraglioni che dominano la baia.
  • Roca e Grotta della Poesia. Si tratta di una “buca” dentro le rocce, una piscina naturale che si apre tra gli scogli e nella quale è usanza tuffarsi dal ciglio alto su per giù 5/6 metri. Sembra un’altezza innocua e fattibile, ma fidatevi che mentre la punta dei piedi è sospesa nel vuoto un leggero timore sale. Eccome se sale.
  • Sant’Andrea. Un’insenatura dai colori stupefacenti che ci lascia a bocca aperta e ci impone una sosta di dovere, seppur breve ed improvvisata, per un tuffo veloce in acque che rigenerano mente e spirito.
  • Otranto. Si pensa spesso – oppure noi romani siamo abituati a pensarlo – che le acque vicino ai porti e agli ingressi delle città siano meno pulite di altre. Ad Otranto queste convinzioni non esistono e farsi il bagno in un mare turchese mentre si staglia frontalmentek il panorama del castello, delle case, delle barche nel porticciolo è qualcosa di impagabile.
  • Porto Miggiano. Poco dopo Santa Cesarea Terme, prima di arrivare a Castro, si trova questa baia che doveva essere in passato nota solo ai locali, ma che ora ègl inevitabilmente scoperta e frequentata da molti turisti. Si raggiunge con una scalinata piuttosto lunga che corre lungo la scogliera tagliandola pericolosamente in altezza e regala un paradiso di colori e natura incontaminati.
  • Riserva delle Cesine. Una spiaggia che é un paradiso perduto, simile all’isola deserta dove naufraga Robin Crusoe, ancora non affollatissima e in certi punti quasi disabitata. Il mare che troviamo é calmo e cristallino, una piscina a cielo aperto.
  • San Foca. La parte di costa che segue la marina di Vernole e le Cesine non può che essere fenomenale: continua la sabbia anche se la spiaggia si restringe e si popola si lidi attrezzati, polo di aggregazione anche per la movida serale
  • Grotta della Zinzulusa. Verso Castro, nota come la “perla del Salento”, si trova questa grotta naturale, una tra molte, che può essere raggiunta anche a piedi mediante una serie di scalinate e camminamenti scavati nella roccia. Un tuffo in questo mare dal blu limpido e profondo é assolutamente d’obbligo.
  • Acquaviva. A differenza del resto della costa, l’acqua di questa splendida insenatura – quasi un fiordo – è di gran lunga più fredda, a causa di alcune sorgenti situate tra le rocce. Immergendosi o tuffandosi nelle profondità, si apprezza invece una temperatura più mite e piacevole. I colori dell’acqua sono a dir poco da togliere il fiato: si va dal verde all’azzurro, fino al turchese e al trasparente della riva.
  • Baia dei Turchi. Raggiungibile con un percorso a piedi di circa 15 minuti, abbastanza agevole anche con ombrellone, borse e zaini al seguito, la baia lascia a bocca aperta per la brillantezza dell’acqua che non delude mai. Romantica e accogliente anche per la notte di San Lorenzo: il cielo stellato e la luna, riflessi nel mare notturno, donano emozioni uniche.
  • Frassineto. L’ultimo giorno, sabato, è quello in cui il mare, complice la tramontana, inizia ad incresparsi. Ma i locali ci avevano avvertiti: “Se è tramontana, bisogna spostarsi sotto Otranto o sullo Jonio”. Abbiamo comunque voluto concludere la visita della costa adriatica, senza tradirla con la sua rivale jonica, a Frassineto, piccola spiaggia alternata a rocce che emergono già a riva. Il mare è pulito e trasparente anche con le onde.

Non può certo mancare una visita al centro storico e barocco di Lecce, che per me è stata una riscoperta notturna, momento del dì in cui i colori della pietra leccese si esaltano in tutto il loro caldo fascino. Piazza Duomo e Piazza Sant’Oronzo sono tappe d’obbligo, ma ammiriamo anche i resti del teatro e dell’anfiteatro romano, oggi palcoscenici di rappresentazioni teatrali, festival, concerti in una cornice dal sapore storico alla luce della luna.
Rimando ad Instagram  per le foto che documentano la visita e la degustazione presso la cantina Apollonio di Monteroni, cui abbiamo dedicato una piacevole mezza giornata insieme alla visita della tenuta Santi Dimitri a Galatina.
Tra i piatti assaggiati in una regione la cui offerta enogastronomica ci fa letteralmente impazzire, debbo per forza iniziare dal pasticciotto, un po’ perché sono una inguaribile golosa, un po’ perché è stato nostro alleato in tutte le colazioni.mattutine (ne ho comunque già parlato qui). Le pietanze di terra – degustate a La Casina del Grillo – si sono alternate a quelle di mare, spaziando dai pezzetti di cavallo, condimento anche dei maccheroncini, ciceri e tria e turcinieddhri, fino ad arrivare alla municeddha, al polpo in pignata e al gambero rosso di Gallipoli, passando per il cibo da strada come pittule, rustico leccese, pizzi, pucce e taralli.
Una bella cesta di pomodori appesi, origano e cacioricotta, oltre ad un carico generoso di vino, a scapito, quest’anno, dell’olio, sono i souvenir enogastronomici (quanto va di moda ormai questa parola…) che trasportiamo verso Roma, come ogni espatriato del Sud che si rispetti porta con sé i prodotti della sua terra nella sede che lo ospita nel resto del Belpaese. Belpaese che non sarà comunque mai come casa soa.

Diario di Viaggio: Ostuni

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La casa vacanze che ci ospiterà ad Ostuni è essenziale, piccola, ma funzionale. Tremendamente utile è la doccia esterna che praticamente sostituirà quella interna per tutta la nostra permanenza in Puglia. Altro punto forte è la posizione: immersa in una distesa di ulivi e raggiungibile con una stradina interna, sterrata DSC_0144e circondata da alberi da frutta. Ergo: pace totale. Solo di tanto in tanto, in lontananza, sentiamo il rumore della ferrovia, a dimostrazione dell’alta frequenza dei treni nel sud. 
Il primo giorno scegliamo di recarci a Torre Pozzella, la spiaggia più vicina, per farci un’idea della costa e capire che tipo di mare aspettarci. In realtà di spiaggia ne troveremo poca perché la costa fino a Brindisi tende ad essere rocciosa, scogliosa e con piccole calette, ovviamente occupate da tanti funghetti di colore diverso che altro non sono che ombrelloni. Il mare è uno spettacolo, limpido e calmo, cosa che ci permette di stare in spiaggia (cioè sugli scogli) fino al pomeriggio, seppur abbastanza accaldati. Ci organizziamo una cenetta a casa, mangiando comunque friselle, le bruschette locali che devono essere bagnate nell’acqua prima di essere servire. Una bontà, veramente. Dopo cena ci rechiamo ad Ostuni e parcheggiamo quasi in centro, che è ovviamente piccolo e raccolto. Ci fa però una buonissima impressione: pulito, curato, elegante, pieno di locali ma non di bettole, tutti con stile e originalità. C’è molto passeggio, così seguiamo la folla e raggiungiamo la Cattedrale, alla sommità del paese, passando per viuzze in salita e tra negozietti di souvenir ed artigianato locale. Qui l’acquisto della mia calamita è d’obbligo (vi ho mai detto che collezioniamo calamite di ogni viaggio che facciamo? Il frigo inizia ad esserne stracolmo…). Memori della scorsa vacanza in Salento (qui il relativo Diario di Viaggio) e della squisitezza del pasticciotto leccese, ne andiamo a caccia anche qui, pur sapendo che non è esattamente la zona. Ma cerca cerca, chiedi chiedi, troviamo un bar che ordina questo dolce strepitoso direttamente da Lecce e ne gustiamo due come sostanzioso dessert.
Dietro consiglio di alcuni locali che conosciamo a Torre Pozzzella decidiamo di recarci alla riserva naturale di TorreDSC_0084 Guaceto, che si rivelerà essere un angolo di paradiso. Parcheggiamo la macchina, prendiamo la navetta (non quella gratuita, ma una extra a pagamento che conduce nelle zone più interne della riserva) e ci incamminiamo per un sentiero di circa 800 metri che separa noi dalla spiaggia. In realtà ci sono tre calette in cui poter sostare: noi scegliamo una striscia ampia di fine sabbia bianca, movimentata da un andamento curioso, non lineare. Per fortuna non è troppo affollata, visto che la maggior parte della gente si dirige nella spiaggia servita dalla navetta gratuita. Qualche ombrellone c’è, ma tutto sommato il posto è riservato e molto selvaggio: sembra di essere sulla spiaggia di Cast Away! La vera meraviglia ci aspetta però in mare, i cui fondali sono tutti da scoprire. Ci imbattiamo in diverse sarpe, occhiate, saraghi, riconosciamo una marmora ed un’orata, oltre ad enormi branchi di pesciolini che ci nuotano indisturbati sotto i piedi. L’acqua è strepitosa, sembra formare una piscina naturale in alcuni punti, per poi sprofondare in un blu scurissimo. Ma la cosa più bella è la sua temperatura, che in realtà troveremo constante lungo tutta la costa: è calda, piacevole, da sogno.
Questa sera andiamo fuori, in un ristorante di pesce che ci è stato consigliato sempre dagli stessi tipi del luogo incontrati in spiaggia il giorno prima. Purtroppo non siamo fortunati come con Torre Guaceto, perché il locale non ci entusiasma a livello di piatti presentati e sopratutto per il modo in cui veniamo trattati con il conto: un totale più alto del dovuto e pressoché ingiustificato. Ci consoliamo con una passeggiata sul lungomare di Torre Santa Sabina e nuovamente con un pasticciotto dei nostri sogni.
Ci svegliamo doloranti: io ho il labbro inferiore che sembra essere stato gonfiato con un botulino, Armando ha la schiena e le cosce rosse come un pomodoro (ha la pelle delicata di un bebè e non va tanto d’accordo con il sole). Così decidiamo di non osare e di accontentarci di una mezza giornata di mare, per poi dedicare il pomeriggio ad un giretto ad Ostuni, per apprezzarla sotto la luce del sole. Dunque la mattina la trascorriamo a Gorgognolo, una caletta che ricorda molto Torre Pozzella e che presenta dei colori sempre stupendi. Nel tardo pomeriggio (tanto prima delle 17 non c’è anima viva in giro e sopratutto tutti i negozi sono chiusi) passeggiamo per Ostuni, scoprendo degli angoli davvero DSC_0124deliziosi. Il bianco accecante delle costruzioni ci dà l’impressione di essere in un’isola greca tipo Santorini, così come pure il colore degli infissi, blu o verdi, ad indicare che nulla è lasciato al caso. Per fortuna non soffriamo il caldo, un po’ per la presenza di diverse fontanelle, un po’ per un’arietta piacevole che pare provenire da una finestra spalancata. Più tardi scopriremo la sua vera origine: delle terrazze che affacciano su tutta la campagna circostante e dove lo sguardo spazia fino al mare. Avventurandoci tra scale e scalette, salite e discese, scopriamo dei locali inerpicati sui gradini, protetti dalla vegetazione e nascosti tra le mura. Attirano molto la nostra curiosità, tanto che il giorno dopo, per salutare il termine della vacanza, decideremo di fermarci a mangiare presso uno di loro. Questa sera però un maxi barbecue ci aspetta con tanto di specialità del luogo: caciocavallo e bombette al formaggio.
Già dalla sera notiamo che il tempo sta cambiando perché un forte ed insolito vento ci fa compagnia durante la cena. Difatti la mattina, recandoci in direzione mare, ci accorgiamo di come sia mosso ed infuriato. Non sappiamo bene cosa fare, anche perché l’ipotesi di tornare – come speravamo – a Torre Guaceto è stata abbandonata nel momento in cui ci siamo resi conto che fosse sabato e che quindi l’affluenza dei turisti alla riserva sarebbe stata triplicata. Dopo un sopralluogo alla costa di Lamaforca, capiamo che è il caso di spostarci un po’ verso nord e sopratutto verso una costa più sabbiosa ed ampia. Approdiamo così a Pilone, sopra Villanova, dove riusciamo a trovare un altro posticino niente male: una duna protetta dalla macchia e dalla pineta. Con vista mare. Ci “ammacchiamo” e ci tratteniamo fino al tardo pomeriggio.DSC_0069 Salutiamo poi la magica Ostuni cenando in un ristorante molto suggestivo, adocchiato durante la passeggiata del giorno prima. La Taverna della Gelosia, aperta da più di vent’anni (come ci spiega la titolare), presenta i tavoli arrampicati sui vari gradini a formare un ristorante movimentato con tre terrazze. La cucina è molto particolare: si tratta di una rivisitazione di piatti poveri e medioevali come la pasta nera servita dentro ad una conchiglia di pane, creme al grano saraceno, polpettine e formaggi locali. La cena va alla grande, ma la partenza del giorno dopo ci impone di tornare in casa non troppo tardi, dopo l’ultima camminata per le terrazze illuminate della Città Bianca.

TO BE CONTINUED…