Serate diverse, serate romane: Apollinare, Dolce e Sacco Bistrot

Mettete un po’ di luci soffuse, un arredamento elegante, dai toni sobri del grigio e del nero, in un ambiento intimo e di classe, ed otterrete la ricetta per ricreare Apollinare, location di recente apertura ai piedi di Palazzo Altemps, a due passi da Piazza Navona.
Il locale nasce come vineria e cocktail bar dell’adiacente Ristorante Il Passetto, ma quando veniamo fatte accomodare da un servizio eccessivamente formale, l’equivoco di essere finiti nel posto sbagliato ci assale.
Ci viene fatta strada verso una sala che è molto raccolta, riservata, volutamente buia e ci viene chiesto se intendiamo cenare. In realtà esprimiamo il desiderio di bere qualcosa e magari accompagnare al calice piccoli stuzzichini. Ci viene subito portato il menù e capiamo che non esiste una proposta diversa per l’aperitivo, ma che le pietanze tra le quali scegliere sono le stesse offerte al ristorante.
Alla fine la nostra bollicina di Franciacorta ben si sposa con i due carpacci che ordiamo, rispettivamente di spada e di polpo, degnamente realizzati e tutto sommato soddisfacenti. Conticino un po’ salato.

Ora chiudete gli occhi, fermatevi un secondo e concentratevi per il teletrasporto. Ci troviamo adesso nel quartiere africano, dove un gruppo ben  nutrito di giocatori di beach volley più o meno improvvisati decide di colmare la propria fame da Dolce, ristorante che ha fatto delle pietanze raccontate nel suo nome la chiave del successo.
Superato l’ingresso arredato con divanetti di pelle in stile locale francese dell’800, si accede al piano superiore mediante una bella scala e ci si siede attorno a tavoli diversi tra loro, in un ambiente curato e un po’ retrò. Con oggetti vintage alle pareti e musica da salotto, l’atmosfera è assai piacevole, sensazione confermata dall’apparecchiatura minimal che, nel nostro caso, esalta il tavolo di vetro spesso attorno al quale ci accomodiamo.
La proposta culinaria spazia dagli antipasti ai primi, dai burger ai sushi rolls, per finire con il trionfo dei dolci che trovano la loro massima espressione nelle cheesecake. Porzioni abbondanti  – fin troppo – giustificano il prezzo elevato dei dessert, così come è da apprezzare la deliziosa doggy bag da pasticceria per riportare a casa il residuo del dolce non terminato – non sono certo tutti allenati come me! Qualità buona, sia per le torte che per le mousse, guarnizioni eccessive così da renderti sazio negli occhi più che nello stomaco. Io, come dico sempre, mangerei dolci anche in testa ad un rognoso, e certo non disdegno la generosità dei piatti, ma al tempo stesso credo che in una piccola pepita di cioccolato possa albergare una delicatezza ed una bontà così intense da far le scarpe ai 50 strati di brownies, biscotto, cialda, cioccolato e- mettiamocelo su! – di cheese.

Per finire vi porto in un locale diventato noto per essere stato il set dell’ultimo film di Paolo Genovese, anche se per la gente di quel rione doveva essere conosciuto già da prima. The Place, autenticamente Sacco Bistrot, si trova in un angolo di Via Gallia e si presenta con quelle vetrate diventate ormai inconfondibili e così vissute. All’interno, tavolini in marmo affiancati ad un bancone dello stesso materiale, luminosità un po’ rossastra e dettagli da fast food americano, lo rendono un locale ricco di calore in diretto contatto con il quartiere. La musica di sottofondo fa sempre piacere, l’affabilità dello staff è assai gradita.
Per la formula aperitivo, c’è il drink (che sia un cocktail, un calice, una bibita, un soft drink) e un buffet illimitato di ottima qualità e di una varietà piuttosto standardizzata: fritti, rustici, frittate, polpettine, fagottini di pasta fillo con formaggio, insalata di riso. Prezzo corretto, un po’ squilibrato il ricarico sulla seconda consumazione del drink, ma direi che come apericena non c’è di che lamentarsi.
Fra tutti e tre è sicuramente il Posto dove tornerei.

Serate diverse, serate romane – Grezzo Raw Chocolate.

Ultimamente sto passando molte giornate e serate diverse. Ma finché è diverso non è mai uguale e non sarà mai troppo, quindi va bene così.
Martedì sera ho assistito alla proiezione in anteprima del docufilm su Fabrizio De Andrè, Principe Libero, ma ve ne parlerò meglio nel prossimo post.
Prima del cinema, ho voluto provare un posticino che era nei miei desideri da un po’ e che mi era stato suggerito da alcune persone dei cui consigli gastronomici mi fido abbastanza.
Nel mio amato rione Monti, lungo la bella via Urbana, si trova Grezzo Raw Chocolate, pasticceria e cioccolateria crudista, vegana e 100% gluten free.
Chiariamo subito un punto: crudista non significa “non cotto” in assoluto; il prodotto può essere cotto purché sotto i 42 gradi, cosa che permette di mantenere intatte tutte le proprietà e le ricchezze nutritive dell’alimento, senza alterare il suo gusto, le sue consistenze ed i suoi sentori.
Quindi, sé alcune produzioni consistono solo nel combinare, unire e amalgamare ingredienti effettivamente crudi (frutta secca, cacao, spezie), altre risultano dal mantenimento e dall’assorbimento di temperature calde – pur sempre al di sotto dei 42 gradi – all’interno di forni particolari detti essiccatori. Alcuni cibi rimangono negli essiccatori per 72 ore e ricevono una temperatura costante che consente alle componenti dei cibi stessi di subire un lento processo di trasformazione e “cottura”, senza tuttavia farlo in maniera drastica con elevati sbalzi termici.
Nel nostro aperitivo uncoventional, seppur per me, amante dei dolci oltre ogni misura, del tutto consueto, abbiamo assaggiato tre varietà di biscotti (i crudotti), brownies, tartufini e praline di pistacchio (mai assaporato un cuore semiliquido di pistacchio così amaro, non so se dipendesse dal cioccolato fondente e solo minimamente addolcito con zucchero di cocco). Sulla scia della lotta allo Spritz, abbiamo anche ordinato due caffè che, devo dire, risultavano davvero buoni nonostante ci siano stati servito nei bicchierini di carta.
Cento punti a favore di Grezzo, poi, anche ed indubbiamente per la musica di sottofondo nel locale, dalle dimensioni ridotte ma accoglienti, peraltro non affollato e non rumoroso. Quando è partita Society di Eddie Vedder ho deciso di essermi ufficialmente innamorata di quel posto, un’oasi di vero piacere nel cuore di Roma.
Unica pecca, la mancanza dei servizi igienici, forse perché l’esercizio è assimilato ad una gelateria e non è tenuto a disporne per legge. Ma davvero di gelateria non si tratta, e nemmeno di un locale da take away, dove entrare, ordinare e andare via.
È così gradevole restare… e tornarci, senza dubbio, per provare quei gianduiotti e quei dolci al cucchiaio che mi hanno tanto tentata, ma ancora non posseduta.