The Wolf of Wall Street [M. Scorsese] – Parte I

Lo definiscono una commedia. Commedia nera, per la precisione.
Bah, non è certo un film facile da inquadrare e pertanto mi rimetto al parere di chi ne sa più di me. Ma quella di Scorsese è un’opera multiforme, talmente variegata e sfaccettata, e di una durata così interminabile che non può non lasciarti confuso al termine della sua visione. Personalmente, quando sono uscita dalla sala, non riuscivo a formulare una immediata opinione. Non sapevo proprio cosa pensare.
Adesso, a freddo, dopo aver fatto un giro di ricognizione su internet e aver letto le critiche del pubblico e degli esperti, mi sento in grado di parlarne con maggior cognizione di causa.
Iniziamo dalla trama, la quale può essenzialmente essere riassunta nel percorso di formazione del suo protagonista, nella sua ascesa e discesa nel mondo della borsa, delle transazioni finanziare, delle vendite spudorate di titoli ed azioni, in quel mondo che è anche il trionfo del vizio, del peccato, dell’accanimento per i soldi e della corsa all’eccesso. Jordan Belford, interpretato da un Di Caprio secondo me al di sopra delle aspettative, il broker di successo che getta nel cestino le banconote dei dollari perché non sa cosa farsene e come altro impiegarle, andrà incontro ad una decadenza prima ancora di arrivare in alto. La sua ascesa è, in poche parole, l’inizio del suo declino. Ma certamente non dal punto di vista finanziario: no, lui è il re del mondo in quel senso. Racconta la voce di Jordan all’inizio del film, mentre sullo schermo scorrono le immagini della sua vita sregolata e volta alla ricerca dei più sfrenati piaceri:
“Mi chiamo Jordan Belfort. L’anno in cui ho compiuto 26 anni ho guadagnato 49 milioni di dollari, il che mi ha fatto molto incazzare perchè con altri 3 arrivavo a un milione a settimana.”
No, più schifosamente ricchi non si può. Più sfondati di così è la fine del mondo. Ma Jordan è insaziabile, vuole spingersi oltre, non si accontenta, perde completamente di vista la ricchezza che già possiede e scarica la prima moglie in tre giorni, si fa di droga, si impasticca, sniffa qualsiasi tipo di sostanza possa fargli perdere il controllo. Perché odia essere sobrio.
Da qui comincia la sua fine, la sua disgregazione morale, l’integrità che da broker in erba ancora conservava ma che Wall Street gli strappa via come fosse un giocattolo da ragazzini che i veri uomini non usano più. E via con la dipendenza dall’alcol, dalla droga, dai sedativi e dal sesso. Non ne può fare a meno. Assume droga per vendere al meglio, per caricarsi di chissà quale energia che gli fa portare a casa milioni di dollari in poche ore. Ma come reggere la droga ed i suoi effetti collaterali? Sedativi, pasticche, farmaci. Emblematica la scena in cui egli si ritrova a strisciare e a rotolarsi a terra, vittima dell’eccessivo consumo di farmaci di cui è schiavo: un dosaggio incontrollato di quella roba lo paralizza, gli inibisce i movimenti e, cosa ancora più grave, lo rende un viscido individuo che non sa neanche più parlare. Farfuglia, sbava, il volto si contrae in orrende smorfie. E diventa un animale, un essere insulso privo di umanità. È un animale inutile che striscia e non riesce ad alzarsi, ma è anche l’animale aggressivo, senza paura e senza limiti, dentro gli uffici della sua società di investimenti: un lupo, un leone (il logo della sua azienda), un toro (il simbolo di Wall Street). È una bestia famelica, peccatrice, che si sporca di azioni illegali e malefatte pur di raggiungere la sua ambizione: guadagnare soldi, diventare ricco. Perché non c’è niente da fare, è questa la droga più forte, la sua dipendenza più cronica. Le altre droghe, il sesso, le orge, i divertimenti squallidi e disumani, vengono dopo, sono l’inevitabile conseguenza della brama di denaro, della spasmodica tensione verso il guadagno.

[To be continued… a breve su questi schermi!]