Umbria, Lazio e Toscana: il fascino dei confini.

Ricordate il Diario di Viaggio: un weekend al confine ? Nell’intervallo spensierato del film “Covid-19” che – ahimè – ancora non conosce fine, ho trascorso un weekend tra Umbria, Lazio e Toscana.

Se avete presente il racconto, ricorderete quanto io sia rimasta affascinata da questo triangolo di confine.

Le terre di confine esercitano da sempre un fascino particolare. Forse perché di confini ne hanno ben pochi e, anzi, abbracciano quante più fusioni culturali, naturali e storiche ci possano essere.  Sarebbe strano se fosse il contrario. In fondo il cambiamento non è mai qualcosa di drastico e repentino, ma un percorso a tappe in cui l’uguale sfuma nel diverso e la varietà si fa strada piano piano, tra dolci colline e morbidi pendii.

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Oggi vi racconto di come Umbria, Lazio e Toscana, tre regioni adiacenti nel cuore dell’Italia, intrecciano i loro confini geografici condividendo usanze, paesaggi e tradizioni enogastronomiche.

Civita di Bagnoregio

Umbria

Città della Pieve in Umbria è famosa per le sue costruzioni in laterizio locale, nonché per aver ospitato le riprese della fiction Carabinieri. Città natale dell’artista Perugino, le cui opere si possono ammirare nelle chiese e nei palazzi signorili, è stata anche scelta dall’attore Colin Firth per l’acquisto della sua dimora italiana. Ci sono 8 punti di belvedere dai quali godersi la vista della Val di Chiana, ai piedi della città. Il Percorso dei Vicoli suggerisce ben 19 luoghi da visitare, tra cui la Cattedrale, il Vicolo Baciadonne e la Torre del Vescovo. Al centro del borgo, solitamente ad Ottobre, viene organizzata la manifestazione Zafferiamo, dedicata appunto allo zafferano e ai suoi segreti. Questa spezia, generalmente nota per il colore giallo che assume dopo la cottura, deriva da una pianta con fiori lilla che si può osservare nell’Orto del Seminario o acquistare per coltivare il bulbo a casa propria.

Toscana

Passiamo in Toscana, perché appena valicato il confine umbro si arriva  San Casciano dei Bagni, il borgo più meridionale della provincia di Siena, a ridosso dei monti Cetona e Amiata. San Casciano è noto per le vicine terme. Il monumento più antico si trova alle porte del centro termale ed è il Tempietto Pagano che risale al IV sec., dedicato alla dea della salute Igea. Da visitare anche il castello  appartenuto a Cosimo De Medici nella frazione Fighine, dove oggi sorge un resort di lusso e il Ristorante Castello di Fighine, 1 stella Michelin. La direzione è del celebre chef tristellato Heinz Beck, mentre la cucina è affidata al resident chef Antonio Romano che propone un  menu alla carta e due percorsi degustazione (5 e 7 portate) ispirati alla materia prima toscana e alla tradizione locale.

Lazio

Mentre i colli senesi si tramutano nei paesaggi della Tuscia, ci spostiamo ad Acquapendente  nel Viterbese, soprannominata La Gerusalemme Verde, grazie ai bei boschi che la circondano e alla presenza della Cripta del Santo Sepolcro all’interno del Duomo cittadino. Il borgo è anche una tappa importante della Via Francigena, sia come punto di arrivo da Radicofani (tappa 37), che come partenza verso Bolsena (tappa 38).

La ricetta figlia di queste tre regioni è sicuramente quella dei pici, una pasta acqua e farina che viene condita con sughi diversi a seconda della zona: in toscana sono famosi i pici all’aglione, nel Lazio quelli cacio e pepe (a Viterbo cambiano anche nome e si chiamano “lombrichelli), mentre in Umbria (ecco che il nome diventa “umbricelli”) sono accompagnati con tartufo o cinghiale. Non manca certo la buona carne di razza chianina, allevata proprio in questi paesaggi, così come piatti a base di cacciagione e zuppe di legumi (farro, ceci, lenticchie, fagioli) e funghi. Tra i dolci in comune: ciambelline al vino, cantucci e tozzetti, talvolta con nocciole, mandorle o noci.

Bistecca di Chianina - Ristoro Poder Riccio

It’s the end of the world as we know it?

Questo bellissimo pezzo dei REM non è una semplice canzone per il risveglio, ma una domanda che spesso mi sto ponendo in questi giorni: è la fine del mondo che conosciamo?

Io dico di no, almeno per quello che riguarda l’essere umano. Non cambierà nulla nelle abitudini e nella cultura dei popoli; torneremo esattamente come prima, se non peggio di prima.

Non saranno 3, 4, 5 mesi di quarantena a cambiare la natura egoista dell’uomo nei confronti della natura, della società e degli altri.
Mi trovo in disaccordo, ahimè, con tutti quei discorsi buonisti che recentemente impazzano sui social. E credetemi, vorrei poter condividere la speranza di un mondo migliore, più altruista, più generoso, più civile e di gran lunga meno ipocrita.
Ma fidatevi: potrebbe inizialmente travolgerci un’ondata di bontà e rettitudine insieme ad una zelante disponibilità verso il prossimo. Una momentanea zaffata di affetto e sentimentalismo che scemerà dopo pochi giorni, proprio come il profumo di una fragranza poco persistente.

Torneremo ad essere i soliti esseri umani furbi ed incivili di sempre, torneremo pensare al nostro orticello, a rubare il posto in fila al supermercato o al semaforo.
Torneremo a parcheggiare ove non è previsto, ad usufruire del posteggio disabili anche se non lo siamo… perché, è ovvio signori, risorgeranno i finti invalidi dalle ceneri.

Ritorneremo a maltrattare l’ambiente con l’inquinamento dei nostri elettrodomestici e lo spreco di acqua ed elettricità. Butteremo le sigarette a terra e le cartacce e la plastica ovunque ci capiti, per strada, al parco, dal finestrino. Non puliremo i resti e gli scarti dei nostri festosi barbecue nelle aree verdi e non raccoglieremo gli escrementi del nostro cane sul marciapiede.

E tornerà il caro vecchio traffico, miei signori, oh sì se tornerà. Daremo di nuovo il benvenuto agli ingorghi in città, sul Grande Raccordo Anulare e lungo tutte le arterie stradali della penisola. Piangeremo nuovamente gli incidenti stradali, perché i cellulari alla guida e le serate audaci in discoteca torneranno a riempire le nostre incaute vite, costantemente in bilico tra il buio e la luce.

Non tenderemo la mano a chi è in difficoltà, come ci adoperiamo a fare adesso, perché una volta rientrati in possesso della nostra noiosa quotidianità, perderemo i super sensi sviluppati grazie al silenzio di questa quarantena.
Saremmo ciechi, sordi e muti davanti alla sofferenza e al dolore. E sapete perché? Perché nessuno ama riempire di sofferenza le proprie giornate, già cariche dei soliti guai e delle gravose preoccupazioni di sempre. A nessuno piace pensare al male.

Lo so, signori, non sono Marco Mengoni e non ho così tanta fiducia negli esseri umani.