Di camminate, osservazioni e conseguenti desideri.

E anche oggi mi sono fatta la mia camminata in una zona che non conoscevo. O meglio, che conoscevo dal “finestrino della macchina” visto che avevo percorso quelle strade già diverse volte in automobile. Ma, si sa, muoversi su quattro ruote o, come si dice qui, “a fette”, non è proprio la stessa cosa. La percezione degli spazi che ci circondano è completamente diversa.
Così, servendomi un po’ di Google Maps con i suoi pallini colorati che indicavano la mia posizione che cambiava e facendo affidamento sulle indicazioni di un paio di vigili, sono arrivata a destinazione. Ad aspettarmi nuovamente il mio ragazzo che però, questa volta, sapeva benissimo del mio arrivo. Non si era mosso per venirmi a prendere non perché non avesse voglia, bensì perché – come quasi ogni sabato d’altronde – era impegnato con il lavoro. Altrimenti, figuriamoci!, è sempre il primo a scarrozzarmi dovunque, ad accompagnarmi per esempio a pallavolo o a venirmi a riprendere dopo le ripetizioni. L’altro giorno, poverino, l’ho fatto attendere mezz’ora in macchina perché il mio “pupillo” non riusciva a ripetere bene la lezione di inglese, inceppandosi in continuazione. Certo, non che in trenta minuti l’abbia reso un native speaker, però la sua esposizione è andata un po’ meglio. Ora ha gli esami, chissà come se la caverà…
A proposito di esami, si avvicinano anche i miei! Dopo non poche modifiche alle date degli appelli, che sono state rimaneggiate più e più volte, sono riuscita ad organizzarmi. Ho incastrato tutte le prove come fossero tasselli di un puzzle in modo da riuscire a terminare, secondo i miei calcoli, proprio il giorno prima di partire per le vacanze.
Lo so, già penso all’estate, ma permettete che ne abbia il diritto dopo una primavera che non è mai arrivata? Voglio il caldo, voglio il sole. E soprattutto voglio poter fare le mie camminate sotto un cielo limpido e terso, senza paura che possa scoppiare una bufera da un momento all’altro. Non mi sembra di chiedere poi tanto. Sarò mai accontentata?

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Impressioni parigine.

Allour…

No, tranquilli, non ho imparato un’acca di francese nella settimana trascorsa a Parigi, però mi piace usare questo intercalare per iniziare.
Dicevo… Il francese mi è risultato totalmente incomprensibile. Il che è assurdo perché a leggerlo me le cavo anche, pur non avendolo mai studiato. Cioè, più o meno qualcosa si capisce. Ma a sentirli parlare…rimanevo inebetita. Indi tentavo di spostare la conversazione sull’inglese, ma niente, i miei interlocutori si chiudevano in un guscio e mi guardavano come se venissi da un altro pianeta. Insomma, durante questa settimana ho capito che tra i due Paesi divisi dallo stretto della Manica non deve correre buon sangue… Tanto che, pur conoscendo e comprendendo perfettamente l’inglese, gli abitanti della città preferivano che ci si rivolgesse loro in italiano, utilizzando magari un francese maccheronico, una buona dose di gesti ed i più svariati movimenti del corpo.
Ma questo è risaputo. Difatti non è ciò di cui avevo intenzione di parlarvi.
Volevo invece ripercorrere il viaggio parigino andando al di là del mero resoconto delle visite, proponendovi ciò che maggiormente mi ha colpita, incuriosita ed affascinata (la lingua francese non è tra queste cose).

Il problema è: da dove cominciare?
Ah sì, ci sono.

  • Partiamo da un dato di fatto. La Francia è, da qualche anno a questa parte, il Paese più visitato del mondo, superando nella classifica persino Cina e Stati Uniti. Noi, che siamo italiani, ed io, che son romana, dovremo strabuzzare gli occhi e domandarci increduli: “Come è possibile?”. E’ possibilissimo signori, considerando che i francesi sono davvero bravi a vendere ciò che hanno. Se possono poi contare su una città che, come Parigi, vanta già di per sè oggettive bellezze, allora il gioco è fatto: ogni minuscolo mattoncino di ogni singolo edificio viene valorizzato a non finire. E poi c’è il fatto che i turisti vengono trattati come ospiti d’onore, cullati, accompagnati nella pianificazione del loro viaggio e mai lasciati allo sbaraglio. Ecco che, ad esempio, i musei sono gratuiti per i minori di 26 anni; ecco che la rete metropolitana copre l’intero tessuto urbano e rimane aperta fino a tarda notte, non mancando mai nell’essere puntuale ed efficiente; ecco che, ad esempio a Disneyland, la navetta per raggiungere i parchi dai vari hotel è offerta gratuitamente ai visitatori; ecco che la cucina francese (a mio parere una debolissima contendente di quella italiana) è decantata internazionalmente come la cucina della raffinatezza, dell’eleganza e del buon gusto. E mi verrebbero in mente milioni di altri esempi… Ahimè, bisogna proprio dire che sono in gamba questi francesi.
  • I parigini amano vivere la propria città in un modo che noi non conosciamo. Nelle giornate di sole, o quando le temperature lo permettono (per loro anche 15 gradi), la gente si riversa nei parchi e passa magari interi pomeriggi a leggere, a prendere il sole, a giocare a scacchi o a inseguire le barche a vela nei laghetti. I passatempi sono genuini ed i divertimenti non pretenziosi: nei giardini ci sono sedie messe a disposizione di tutti, le quali possono essere posizionate dove si vuole, usate come sdraio o come tavolini; ci sono aree dove sdraiarsi sull’erba ed organizzare un pic-nic, mentre altre sono dedicate al gioco dei più piccoli. E poi c’è passeggio, tanto passeggio. Ovunque. L’atmosfera così creata trasmette davvero gioia e serenità.
  • Altra cosa che – ho notato – i parigini amano molto è la possibilità di osservare la vita della città scorrere davanti ai loro occhi. E’ come se Parigi si trasformasse in un grande teatro, le piazze divenissero palcoscenici ed i passanti comparse. Coloro che siedono davanti a quello che assume le sembianze di un vero e proprio spettacolo sono i clienti di bar, caffè, brasserie (se ne trovano in continuazione, una dietro l’altra, proprio come da noi – almeno a Roma – si incontrano ad ogni angolo pizzerie), i quali costituiscono una sorta di “pubblico pagante”. Essi siedono su sedie che non si guardano tra loro, essendo disposte le une accanto alle altre e parallelamente alla strada. Per rendere meglio l’idea, vi lascio un reportage fotografico che documenta tale curiosa abitudine.

  • Che i francesi fossero nazionalisti, si sapeva. Ma che lo fossero in questo modo non me lo aspettavo. Bandiere francesi ovunque, non solo in corrispondenza di edifici di rappresentanza o di prestigio, ma anche su banali pali nel bel mezzo del nulla. Il patriottismo è da ammirare, certo, ma così esasperato mi ha quasi disgustata.
  • Infine, ciò che più di ogni altra ha catturato la mia attenzione e su cui pertanto non posso tacere è la magnificenza della città. Mi avevano detto, prima che partissi, che il centro di Parigi non aveva nulla a che vedere con quello di Roma in quanto ad estensione. “Le distanze tra un monumento e l’altro sono enormi, vedrai.”  Okay, capito, dovrò camminare (non che mi dispiaccia, anzi!), ma, ancora una volta, non immaginavo tanto. La vastità degli spazi è impressionante, straordinaria. Piazze immense, strade larghissime nel centro della città che constano di tre corsie per senso di marcia (più due dedicate a biciclette e ciclomotori), avenue e boulevard di lunghezze spropositate e ponti sulla Senna che non sono da meno. A tutto ciò si aggiungono gli strepitosi panorami esaltati da questi spazi così dilatati, dei quali si intravedono a fatica i confini, i limiti. Ecco che dal Louvre si scorge in lontananza la Champs Elysée, dall’Arco di Trionfo si ha una visione nitida di Place de la Concorde, dal Grand Palais lo sguardo giunge con una facilità estrema verso Les Invalides e da lì spazia ancora e ancora, senza fermarsi mai, senza trovare ostacoli lungo il suo percorso. Per non parlare, poi, delle vedute dall’alto, grazie alle quali si riesce ad abbracciare la vastissima distesa urbana che è Parigi. Ciò, tuttavia, non significa che non vi siano quartieri più “ristretti” ed a misura d’uomo (Montmartre ed il Quartiere Latino rientrano tra questi), ma l’imponenza e la sterminatezza di tutto quello che si trova nel centro non possono certo lasciare indifferenti.

Direi di aver compiuto un bel viaggetto a ritroso e mi dichiaro soddisfatta. Mi auguro lo siate anche voi e spero di avervi trasmesso un po’ di voglia di volare verso Parigi, una città splendida, che mi ha dato tanto, che ha stregato il mio cuore ed incantato i miei occhi. Sempre che la suddetta voglia non l’aveste già.